L’impermeabile vincente

Me lo chiedevo da anni, senza riuscire a darmi una risposta: come mai il tenente Colombo esercita un fascino così forte su di me? Vedere anche per la seconda o terza volta uno stesso episodio della sua serie non mi dispiace affatto. Domenica scorsa, nel pomeriggio, a casa da solo. I miei ‘ragazzi’ erano tutti a Fano per il carnevale, sarebbero tornati solo dopo cena. Alle 18.30 ero pronto davanti alla Tv, attrezzato come Fantozzi in occasione delle partite della nazionale di calcio: panino sulla destra, da sbonconcellare lentamente; birretta sulla sinistra, da sorbire a piccoli sorsi. Solo. Pantofole ai piedi, copertina sulle ginocchia. Solo. La sedia a sdraio reclinata esattamente di 101′. L’episodio era quello del grande psicologo, che in realtà non è uno psicologo ma un manipolatore di coscienze, che con una telefonata che in realtà non è una telefonata ma una condanna a morte, fa sì che i suoi cani che in realtà (come confida il tenente al suo cane anonimo, lungo e trollo) non sono cani ma docenti universitari, sbranino l’amico del cuore, che in realtà non è l’amico del cuore ma l’amante di sua moglie, morta in una incidente che in realtà non è stato un incidente. Uno stratagemma intelligente, quello del grande psicologo esperto in controllo della mente; che in realtà non risulterà poi così intelligente: la goffa gestualità di Colombo, che in realtà è tutt’altro che goffa, lo smonterà con una serie di ammiccamenti svagati, che in realtà non sono ammiccamenti svagati, ma tappe di avvicinamento alle doverose manette per il grande psicologo. Per non perdermi nemmeno una battuta di quell’episodio, trasmesso da Rete 4, ed era la terza volta che lo vedevo, tra la prima e la seconda parte mi sono sorbito per intero anche le devozioni di Emilio Fede, ignaro com’ero di quando il pius homunculus avrebbe lasciato libero il piccolo schermo. Un fascino inspiegabile, ripetevo a me stesso mentre mi coricavo. A metà notte mi sono svegliato: avevo capito tutto. In sogno? Forse. Il fascino del tenente Colombo è tutto nel suo impermeabile. Ciucignato, fuori moda, gualcito, sgraziato, gli cade male da tutte le parti, ma è un inno all’intelligenza senza orpelli. L’anonimato contro l’ufficialità. Da che mondo è mondo la parte del leone l’hanno sempre fatta gli orpelli, le livree calzanti, i doppio petto rigorosi, i bottoni lucenti, i tait a piombo, le redingote fascianti, i guardinfante di bambù esotico, le cravatte firmate, gli alamari, i papillons gonfi, le toghe solenni, gli ori, le sete…. Intorno all’impermeabile vincente di Colombo, a coronarne il pathos simbolico, si dispongono l’occhio bollo, i capelli arruffati, la barba mal fatta, il sigaro pestilenziale, l’automobile ansimante e scassata. Il cane lungo e trollo. Tutta vita, niente ufficialità. Tutta intelligenza, niente orpelli. Tutta efficacia, niente efficienza. Finalmente.