Questo numero de La Voce esce alla vigilia dell’Immacolata. Nelle pagine interne vi sono notizie e immagini che si riferiscono a questa festa, sentita più di altre dal popolo. Le ragioni possono essere molte. Una di queste è il richiamo di Lourdes, dove la Madonna a Bernadette rivelò di essere l’Immacolata Concezione. Ha detto proprio così, secondo quanto ha riferito al parroco la giovane veggente, oggi santa: Que soy era Immaculada Counceptiou, io sono l’Immacolata Concezione. Ma forse dietro a questo affetto popolare, che dura e permane nel tempo, oltre al dato storico legato alla definizione del dogma avvenuto nel 1854, quattro anni prima delle apparizioni di Lourdes, ci sono vibrazioni più intime e personali, che hanno caratteri universali comuni ad ogni persona umana. Forse è difficile descrivere tutto ciò, mentre è percepibile nella esperienza propria di ognuno. Chi contempla Maria immune da colpa fin dal suo concepimento, piena della luce divina della grazia, intuisce qualcosa che vorrebbe per sé e per i suoi, magari per tutti, per un mondo diverso. Un mondo però non lontano, idealizzato e puramente fantastico, ma vicino e possibile, reale, come Maria, vera umile creatura. Nell’Anno della fede è giusto riferirsi alla fede di questa giovane figlia del popolo d’Israele, una fede che è nata dal profondo della sua anima, ed anche dalla sua ricerca di senso e significato di quanto le veniva proposto dall’angelo Gabriele: “Come è possibile che io divenga madre, se non conosco uomo?”. In questa domanda Maria racchiude tutte le domande degli esseri umani chiamati a credere, da Abramo a ognuno di noi: “Come è possibile…?”. Come è possibile che Dio possa rivolgere lo sguardo su di me e rendersi presente nella mia vita? Molti si fermano alla domanda e non hanno tempo, né voglia di ascoltare la risposta e di cogliere la misteriosa presenza. È richiesta troppa fatica mentale. Il silenzio, la meditazione, la preghiera del cuore sono un esercizio che non tutti siamo in grado di fare, presi dalla fretta, storditi dal rumore e presi dal flusso a valanga delle notizie. Ciò nonostante il fascino dell’Immacolata rimane come una luce che non tramonta, verso la quale almeno per un poco ci si lascia avvolgere. Viene spontaneo il canto: Tota puchra es Maria. In molti, in qualche modo in tutti, sorge spontanea e quasi fatale la nostalgia di qualcosa di cui siamo privi o poveri, e da cui il mondo sembra sempre più allontanarsi: l’innocenza, la santità, la grazia… Senza questa dimensione, il mondo perde la sua bellezza e il suo senso e piomba nel baratro della corruzione e della violenza. Nell’Immacolata la Chiesa addita a se stessa e all’umanità un ideale, un compito, un progetto di vita. La tradizione iconografica dell’Immacolata la raffigura con il serpente sotto i piedi. Una speranza soprattutto per chi il serpente se lo sente attorno al collo, che sia la miseria, la fame, la malattia, la guerra, il tradimento, la perdita degli affetti più cari, la solitudine, il disprezzo (se ne hanno esempi in alcuni articoli dentro il settimanale). Per questo l’Immacolata anche oggi è cara alla gente e parla al suo cuore. Che non sia solo un sentimento.
L’Immacolata nel cuore della gente
AUTORE:
Elio Bromuri