La festa di Maria Immacolata si celebra quest’anno all’indomani della chiusura del secondo Sinodo per l’Africa, dove la Chiesa, riflettendo sulla sua missione, ha riconosciuto il ruolo importante che le donne svolgono nella vita del Continente, definendole “la spina dorsale dell’Africa”. Ed è partendo da questa peculiarità delle donne africane che quest’anno vogliamo rivivere il mistero di Maria, concepita senza peccato. Della centralità della donna nel Continente africano l’icona certo più significativa è la mamma che, in qualsiasi situazione, porta il proprio figlio sulle spalle. L’Africa è madre, e le donne africane nutrono un vero e proprio culto per la maternità, frutto della centralità che il valore della vita vi riveste. C’è un rapporto profondo tra la madre e i figli. Un rapporto pelle a pelle che crea un legame strettissimo e nello stesso tempo estremamente libero. Le mamme africane sanno bene che, dopo qualche anno dalla nascita, i loro figli dovranno prendere la propria strada. Ma sanno anche che da quel rapporto, che le ha unite nei primi mesi di vita ai propri figli, scaturisce quel senso di sicurezza che permetterà loro di affrontare le difficoltà della vita. Non può che nascere da questa centralità della donna e della maternità in Africa una riflessione sul culto a Maria in questo grande Continente. Anche riscontrabile in quel fatto iniziale, quando – come racconta il Vangelo – è in Africa che Maria e Giuseppe hanno trovato rifugio quando sono fuggiti dalla persecuzione di Erode. La devozione mariana prende linfa vitale dal ruolo centrale che la donna svolge nella famiglia. Nel documento finale del Sinodo si legge: “Il contributo specifico delle donne dovrebbe essere riconosciuto e promosso, non solo in casa come mogli e madri, ma più generalmente anche nella sfera sociale”. La donna in Africa, infatti, non è soltanto portatrice e custode della vita nella famiglia, ma svolge un ruolo sempre più preminente anche nella vita pubblica, dall’impegno economico, alla costruzione della pace. Le mamme di Bukavu, nella Repubblica democratica del Congo, durante una guerra durata oltre dieci anni, a diverse riprese sono scese in piazza a mammelle scoperte gridando: “Non vogliamo allattare i nostri figli per la guerra”. Anche da queste caratteristiche delle donne in Africa – quasi per una sorta di identificazione – emerge la peculiarità del culto mariano nel Continente. Nella comparazione con la madre africana, la Madonna è più madre che sposa. Anche lei educa il figlio, accetta i sacrifici e le sofferenze della maternità, vive nel silenzio, è custode della pace. Come le donne e le madri africane, Maria è attenta a tutto ciò che garantisce la vita in tutti i suoi aspetti. Anche quelli materiali; ricordiamo le nozze di Cana: “Non hanno più vino”. Il culto a Maria entra così totalmente nel cuore stesso della vita e della tradizione africana. L’Africa, che venera e ricorda gli antenati il cui culto rappresenta la continuità della vita nel tempo, riconosce in Maria – la Madre dei viventi – la prima “Antenata”, in quanto madre di Gesù. Starle vicini e pregarla diviene allora vicinanza e preghiera verso il suo Figlio, ma anche legame stretto con tutti i padri della Chiesa africana. Di qui la facile comprensione da parte degli africani del ruolo di mediazione di Maria e dello stesso dogma dell’Assunzione che pone Maria accanto al suo Figlio per l’eternità. Proprio per questo il culto e la venerazione a Maria possono rappresentare la via privilegiata per l’inculturazione nella tradizione africana della buona notizia del Vangelo.
L’Immacolata e l’Africa
Parola di Vescovo
AUTORE:
Franco Gualdrini