Liberiamo la Domenica per Noi e per Dio

La liberalizzazione del commercio, che prevede l’apertura dei negozi anche nelle domeniche e nei giorni festivi, è stata presa inizialmente con distacco e con qualche speranza da parte dei commercianti. Questi si sono dati da fare per provare a vedere se funziona. Hanno sperato di ottenere risultati positivi e forse qualcuno li ha anche raggiunti. Il commercio è molto vario e le situazioni si diversificano da territorio a territorio e da una stagione all’altra. A lungo andare però l’entusiasmo si è raffreddato, la fatica di non avere mai del tempo libero si è fatta pesante ed ora molti tirano il freno fino al punto da proporre una raccolta di firme per avere una legge che liberi la domenica dall’ipoteca assillante del commercio a tutti i costi. Non credo che ci sia unanimità sull’analisi della situazione e sulla proposta. Numerose sono le eccezioni: l’apertura di negozi di generi alimentari e ristorazione per turisti, l’apertura di musei e gallerie d’arte e cose simili. Ma l’acquisto di biancheria intima, di scarpe o di elettrodomestici proprio la domenica sembra fuori luogo. Ai consumatori che trovano gratificazione nell’acquisto di cose le più svariate è venuta incontro la legge dell’attuale governo sulla liberalizzazione del commercio sia nella scelta degli orari che dei giorni. Questo per facilitare il consumo e quindi la produzione e il lavoro in modo da riportare il famoso e famigerato Pil a livelli sostenibili. Lodevoli intenzioni, che però lasciano da parte tutto il resto della vita delle persone e delle famiglie. Quella legge va nella direzione del processo di secolarizzazione di cui è segno ed anche strumento propulsivo.

Oggi la domenica, con il sabato appresso, è diventato il week – end del consumismo e del supermercato. La secolarizzazione significa che non c’è nulla di sacro, cioè di riservato, legato alla gratuità, riflessione, contemplazione della natura, preghiera, sentimenti familiari. Il rispetto della domenica come giorno di festa dedicato a Dio, che per gli ebrei è il sabato secondo il dettato biblico, non deve essere considerato un tabù del passato. Sappiano bene dal vangelo che “il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato”. Ma è proprio per il bene dell’uomo, per l’equilibrio della sua vita e della vita familiare che deve essere osservato, senza le esagerazioni tipiche degli osservanti ortodossi ebrei. Senza esagerare neppure sul numero e sulla maniera di fare festa. C’è stato un periodo descritto anche da Ludovico Antonio Muratori in cui le feste erano troppe e occasioni per ubriacature e delitti. Lo descrive nel libro Della regolata devozione (1747). La raccolta delle firme per difendere la domenica dal commercio avviene principalmente per motivi pratici legati all’esigenza di garantirsi una vita più libera e serena. A ciò i cristiani dovrebbero aggiungere il profondo significato che essa ha, prendendo occasione da questo Anno della fede e 50° del Concilio. Un modo semplice e concreto per tutto il popolo cristiano di ravvivare la fede è proprio quello di celebrarla insieme nell’assemblea del giorno del Signore che è per eccellenza il giorno della dignità dell’uomo liberato da ogni forma di schiavitù. In quel giorno la comunità proclama ad alta voce, di fronte al mondo, la sua fede che trasfigura e dà senso all’intera settimana con le sue gioie e le sue fatiche: “Noi crediamo”!

AUTORE: Elio Bromuri