Cara Caterina, non ho potuto, ma con tutto il cuore avrei voluto esserci anche io ai tuoi funerali, a Palermo, insieme con tanti amici di ‘Città per l’uomo’ e del ‘Progetto Sicilia’ della Comunità di Capodarco, venerdì 16, quando da poco si era fermato il tuo cuore, l’ignobile pompa che abbiamo coperto di densi significati simbolici, e che invece è sempre pronto a tradire, come ha tradito te, dopo averti messo alla prova per anni e anni e anni. Ciao, Caterina. Ora che sei nella luce di Dio conosci quanto fosse intensa l’ipotesi sulla quale ci siamo giocati la vita, quando nel 1984 decidemmo insieme di tradurre il nostro impegno di innamorati del Concilio nell’identità della Comunità di Capodarco. La Comunità di Capodarco persegue lo sviluppo della persona, con particolare attenzione agli emarginati; la rimozione di ogni ostacolo al pieno sviluppo della personalità dell’individuo, nel rispetto della cultura, dei valori e dello spazio creativo di ciascuno; l’effettiva partecipazione democratica alla vita sociale di ogni persona, attraverso la lotta contro ogni forma di emarginazione. Per la matrice cristiana di parte dei suoi membri e per l’esperienza di servizio all’uomo di tutti i suoi membri, la Comunità di Capodarco è luogo di incontro e di confronto fra quanti, pur variamente ispirati sul piano ideologico e culturale, ne condividono lo spirito e l’impegno vitale. Era la fine del teocentrismo? No, era il suo apice. Il trionfo non del Motore Immobile, ma del Dio che tornerebbe in terra anche solo per uno di noi, perché questa terra Lui non l’ha più lasciata. Era la fine dell’ecclesiocentrismo? Sì, ma perché la Chiesa potesse emergere senza macchia e senza ruga dalla melma di questo mondo non per trionfare sul mondo, ma solo per servirlo. Non è un bel momento, quello in cui ci lasci, Caterina. Scrivo all’alba del 20 gennaio 2009, il giorno di Obama, il giorno delle speranze. Ieri sera in tv il Gran Ciambellano Bruno Vespa con i suoi scherani ha sfrugugliato per più di due ore, fino a tarda notte, con il coltello da cucina, nella piaga ormai maleodorante di Meredith. E nessuno ha niente da ridire. Ieri sera un giovanotto dal nome scimmiesco, uno che col pallone fa quello che vuole, un giovanotto pio, uno che col dito indica il cielo ogni volta che segna un goal, uno che ha informato i mass media del’intero globo terracqueo di voler rimanere casto fino al matrimonio, ha deciso che 55.000 euro al giorno per le sue prestazioni sono cosa buona e giusta. E nessuno ha niente da ridire. Che ti sia lieve la terra, Caterina. E che il nostro impotente rimpianto della tua pacata saggezza con la grazia di Dio trascolori giorno dopo giorno in attesa del suo e del tuo ritorno. Ti vogliamo bene.
Lettera aperta a Caterina
abatjour
AUTORE:
Don Angelo M. Fanucci