Rimanendo con gli occhi ben aperti sul mondo e su quanto accade di tragico e di bello, vicino e lontano, senza distrazioni fantasiose, con le orecchie aperte alle grida dei poveri e dei disperati e – per quanto sia difficile – ascoltando il silenzio dei sepolti sotto le macerie o annegati in fondo al mare, il cammino della Chiesa, popolo di Dio verso il Regno. Il suo pellegrinaggio terreno non si arresta, e perseguendo il suo progetto di evangelizzare e costruire un mondo più umano: evangelizzare il Cristo, umanizzare il mondo. In questo progetto consiste, a mio parere, il grande sforzo portato avanti, con ogni strumento pastorale, da Papa Francesco teso ad innescare una “conversione pastorale” in una cristianità indolente, tentata di ripiegarsi su se stessa e talvolta appiattita su forme di devozionismo consolatorio. In questa direzione vanno considerate le straordinarie scelte del Papa quali il Sinodo, il Giubileo e anche le proposte della Chiesa italiana che si sta attrezzando con convegni, dibattiti e seminari per affrontare con competenza ed efficacia il grande tema che avrà piena manifestazione a Firenze nel Convegno ecclesiale che si terrà dal 9 al 13 novembre sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”.
In questi giorni si sta svolgendo a Perugia un Laboratorio che mette insieme molti temi e molte voci allo scopo di scavare il terreno per comprendere in che cosa possa consistere il “nuovo umanesimo” da offrire come proposta e prospettiva alla Chiesa e alla società italiana, senza limiti; e se questo possa essere elaborato in nome e sulla base dell’insegnamento di Gesù Cristo. Chi non percepisce le tante, ardue questioni che sorgono da tale proposta, in un tempo di aspre gelosie religiose e confessionali? I molteplici temi affrontati a Perugia, raccolti sotto il titolo generale “Dalla solidarietà alla fraternità: identità, estraneità e relazioni per un nuovo umanesimo”, sono diretti ad arare il campo di indagine in modo da far emergere zolle vergini di pensiero e di orientamento culturale. Dovranno essere poi ponderate per fare un discernimento che consenta di ‘bruciare le foglie secche’ delle riserve mentali, dei sospetti, della conservazione a ogni costo, e tagliare i rami sterili dei pregiudizi. Per arrivare a un nuovo umanesimo infatti è necessario risollevare le sorti del dialogo languente, riscoprire la solidarietà aperta alla fraternità, riconoscere il diverso come un amico capace di arricchire la mia vita con il suo dono, e non come un pericoloso concorrente nella corsa verso il successo; apprezzare il valore di forme religiose nate e cresciute in zone “periferiche”, lontane dai centri finora predominanti nel mondo, quelli dei poteri forti economici, sociali e culturali.
Il Laboratorio che si sta svolgendo in questi giorni (7-9 maggio) è ben situato nel luogo giusto, al centro di una regione, l’Umbria, che ha regalato il nome di Francesco al Vescovo di Roma e ha reso possibili certi “miracoli” unici nella storia, quale la Giornata mondiale di preghiera delle religioni di tutto il mondo per la pace promossa da Giovanni Paolo, che si è svolta il 27 ottobre 1986. Non si tratta di un evento singolare (vi hanno fatto seguito altri di simile significato e valore), ma di uno spartiacque contro una mentalità dura a morire e ogni giorno ribadita con decisione e fanatismo: quella di considerare gli altri come estranei, nemici pericolosi, da evitare e combattere per affermare se stessi, le proprie idee, la propria religione, i propri interessi. Un’ideologia che ha avuto e ha tuttora – come è sotto gli occhi di tutti – sostenitori tenaci e fanatici. Il cammino verso un nuovo, condiviso e convincente “umanesimo” non potrà prescindere da quell’evento e da ciò che quella storica Giornata ha germinato sulla spinta del Vaticano II, anche con iniziative di dialogo e accoglienza dello straniero e del diverso, sorte nel nostro territorio. Ai convegnisti diciamo quindi benvenuti e buon lavoro.