In questi giorni i partiti discutono febbrilmente, e confusamente, della modifica della legge elettorale. Vanno di fretta perché vedono come probabile lo sbocco verso elezioni anticipate (sarebbero in autunno). Ma, se tutti sono d’accordo (più o meno) nel ritenere inaccettabile la legge in vigore, la scelta di una nuova soluzione è in alto mare. Si tratta, in effetti, di una specie di quadratura del cerchio. Tutti vogliono un sistema che garantisca la governabilità (e cioè un sistema per cui dalle elezioni esca un Governo con una maggioranza certa e stabile) ma ciascuna delle soluzioni possibili ha l’inconveniente di sacrificare i partiti minori; e questi ultimi, che in questa fase hanno voce in capitolo, non ci stanno. Così non se ne fa niente. D’altra parte, ciascuna delle forze politiche fa i suoi conti e propone la riforma che le gioverebbe di più; gli avversari naturalmente non l’accettano. Ma, poi, è proprio vero che avremmo un sistema politico migliore, cambiando la legge elettorale? La Gran Bretagna è considerata un modello di democrazia e di correttezza nella periodica alternanza delle forze politiche al governo, una volta i laburisti, una volta i conservatori, e tutti sempre nel massimo rispetto reciproco. Ma la legge elettorale britannica è, in teoria, la peggiore che si possa immaginare. Il Paese è diviso in collegi uninominali, ciascuno dei quali elegge un deputato (e uno solo) che è quello che ha avuto la maggioranza (anche non assoluta) nel collegio. È un meccanismo anacronistico e irrazionale (manca qui lo spazio per spiegare perché) e tuttavia là funziona, nel senso che l’esito delle elezioni viene accettato e rispettato da tutti, anche quando non rispecchia affatto i reali rapporti di forza fra i partiti. Questo avviene perché loro hanno un fortissimo senso delle istituzioni. Ce l’ha chi ha perso (e dunque rispetta il vincitore), ma soprattutto ce l’ha chi ha vinto. Gli uni e gli altri concepiscono il Governo come un servizio nell’interesse della nazione, non un modo per sistemare i propri affari privati. Se manca questa mentalità, riformare il sistema politico è un’illusione.
Legge elettorale in alto mare
AUTORE:
Pier Giorgio Lignani