L’editoriale. Il rischio di una continua campagna elettorale

Con la scadenza dei termini per la presentazione delle liste entra nel vivo la campagna elettorale per le comunali dell’11 giugno. Un appuntamento che coinvolge oltre 9 milioni di italiani e che viene guardato con comprensibile interesse da tutto il Paese. Sarebbe tuttavia ipocrita non sottolineare che, in effetti, l’Italia sembra essere in campagna elettorale almeno dallo scorso autunno, quando l’obiettivo era il referendum costituzionale del 4 dicembre. Da allora il sistema politico è entrato in una fibrillazione continua, in una lunghissima rincorsa nella prospettiva delle elezioni nazionali che pure, a scadenza naturale della legislatura, dovrebbero tenersi nei primi mesi del 2018. Ma proprio l’incertezza sulla durata della legislatura, con un dibattito a volte palese, a volte dietro le quinte, sulla possibilità di elezioni anticipate, è stato il principale carburante di questa impropria campagna elettorale permanente. Anche adesso, nonostante il prevalere della previsione su un voto nei termini fisiologici, l’agitazione continua sotto traccia a produrre i suoi effetti destabilizzanti.

La presenza sulla scena politica del tema delle elezioni anticipate non è un male assoluto, né in questa stagione è una specificità italiana. Nel Regno Unito il voto anticipato è già stato fissato per l’8 giugno e negli ultimi giorni l’ipotesi di elezioni politiche anticipate si è affacciata anche in Austria, appena uscita da una complessa vicenda di elezioni presidenziali ripetute due volte. Non è un particolarità italiana neanche il rilievo nazionale che viene attribuito al voto a livello locale. Basti pensare all’attenzione con cui in Germania vengono seguite in questi mesi le elezioni nei Lander. Si può legittimamente osservare che si tratta di sistemi profondamente diversi dal nostro. Vero. E il punto è proprio questo.

Il sistema politico italiano complessivamente inteso – quindi il sistema istituzionale, comprendendo anche le leggi elettorali, e il sistema dei partiti – appare inadeguato ad assicurare al Paese quella stabilità e continuità nell’azione di governo che sarebbe necessaria per affrontare le sfide enormi della fase che stiamo attraversando. Tale inadeguatezza, purtroppo, non è una patologia emersa oggi, ma ha alle spalle una storia pluridecennale. Tuttavia l’impressione è che la gravità della crisi sociale ed economica abbia reso ancora più acuto il problema. Il rischio – un rischio ad alto tasso di probabilità – è che si è arrivi alle elezioni sfibrati da un campagna elettorale infinita e che il responso delle urne consegni una situazione ancora più ingestibile della presente. Anche per questo non va lasciato cadere l’appello del Capo dello Stato alle forze politiche presenti in Parlamento perché mettano mano a nuove leggi elettorali. Non ci sono formule magiche che risolvano tutti i problemi, né si possono importare meccanicamente soluzioni valide per altri Paesi. Ma a suo tempo – era il lontano 1993 – per i comuni si riuscì a trovare una via italiana alla governabilità. Così, tra meno di un mese, in oltre mille comuni gli elettori potranno scegliere un governo locale stabile e con una legittimazione democratica forte. Si può fare, anche in Italia.