Lo confesso: sono curioso. Mi chiedo quali chiese frequentino quei giornalisti che hanno commentato le parole di Papa Francesco ai parroci di Roma con titoli del genere: “Rivoluziona il campo dell’etica cattolica”; “Apre alle coppie di fatto”; “Benedice le coppie di fatto”; “Non chiudete la chiesa a chi vuole convivere”; “Grande apertura verso i credenti che convivono senza sposarsi”; fino al prevedibile “L’ostia ai conviventi”.
Dov’è che si cacciano i conviventi dalle celebrazioni o dagli incontri, si evita di andare nelle loro case per la benedizione pasquale, si negano i sacramenti ai loro figli, o si allontanano dalla vita della comunità cristiana? E quali parroci trattano senza misericordia o discriminano i giovani che convivono? Io non ne conosco nessuno. Anzi, i preti e i fedeli delle parrocchie “normali” sono di solito ben contenti quando le cosiddette coppie “irregolari” partecipano al culto, si rendono presenti nel cammino catechistico dei figli o frequentano incontri, gite o altre attività della comunità.
Anche le limitazioni che esistono – e che il Papa non ha voluto eliminare – alla piena partecipazione alla vita liturgica e pastorale, sono vissute, da parte di chi ha il compito di farle rispettare, con sofferenza e disagio spesso non inferiori a quelli di chi le deve “subire”.
Certamente si può e si deve migliorare, soprattutto attivando quei cammini di crescita e quei percorsi di discernimento che la Amoris laetitia ha esortato a intraprendere. Questo sì che manca in molte parrocchie! Manca altrettanto spesso, però, la volontà di impegnarsi in seri processi di riavvicinamento e di discernimento da parte delle persone che si trovano in situazione di sofferenza, desiderose magari di accostarsi alla Comunione o di esercitare il ministero di padrino/madrina, ma non disposti a farsi accompagnare a riprendere la vita della comunità.
Sta di fatto che vige, nei media , un’assai discutibile “ermeneutica della discontinuità” nel commentare le parole di Papa Francesco. Si tende a presentarle in costante prospettiva di rottura rispetto all’insegnamento e alla prassi pastorale proposti finora. Questo atteggiamento non solo è scorretto rispetto allo spirito e alla lettera dei discorsi papali, ma ha risonanze preoccupanti: i “vicini” hanno l’impressione che quello che credono e praticano con fatica valga più poco; i “lontani” si attendono cambiamenti rivoluzionari, che invece non possono darsi, perché non conformi alle vere intenzioni del Papa. Accade inoltre che nascano – a volte anche tra il clero – fazioni contrapposte, le quali si appoggiano su tali letture fuorvianti per accreditare le proprie visioni allarmiste o aperturiste, prive di alcuna ragion d’essere.
Verrebbe da domandarsi: cui prodest? Chi trae vantaggio da questa situazione? Certamente il Seminatore di zizzania, il Separatore (questo significa dia-bolos ). Ma forse anche coloro che hanno interesse a esasperare le legittime differenze di pensiero, rendendole altrettanti elementi di rottura della comunione ecclesiale.
Come reagire? Attraverso il ricorso alle fonti leggere sempre quello che il Papa effettivamente dice – e a un’informazione puntuale e corretta, non interessata ai titoloni sensazionali, ma a far capire alla gente come stanno veramente le cose.
A buon intenditor…