Non è che in questi giorni la politica dia proprio una buona immagine di sé. Voltafaccia, tatticismi e veleni in Senato; lotte interne nel PD nostrano, con tanto di dimissioni dell’Assessore regionale alla sanità; ennesimi arresti per corruzione, stavolta abbastanza illustri, in Lombardia. Ce n’è per tutti e a tutti i livelli. Con l’impressione che, dietro tutto questo, ben poco sia imputabile alla volontà di portare avanti battaglie ideali o promuovere progetti volti a ciò che si ritiene un bene per la collettività. Sarebbero entrambe intenzioni lodevoli, quandanche non risultassero condivisibili nei contenuti. Sembra invece che a prevalere siano sempre e solo logiche di potere e di interesse.
Questo non può rallegrarci, non solo perché i problemi delle istituzioni finiscono per pesare sui cittadini, a partire dai poveri, ma soprattutto perché si viene ad alimentare il già diffuso mix di sfiducia, rabbia e rassegnazione che tiene lontana la gente dall’impegno civile e politico. Che dire poi di te, giovane lettore? Come pensare che a te, diciottenne di oggi, possa venire voglia non dico di impegnarsi in un partito, ma anche di assumere un qualsiasi incarico di rappresentanza, sia pure nella tua scuola?
A te soprattutto vorrei proporre queste parole di Papa Francesco: «Quale può essere una delle tentazioni che sorge non solo dal contemplare la realtà ma nel viverla? […] Che tentazione potremmo avere di fronte […] a questa realtà che sembra essere diventata un sistema inamovibile? Credo che potremmo riassumerla con una sola parola: rassegnazione. […] “Che ci possiamo fare? La vita è così!”. Una rassegnazione che ci paralizza, una rassegnazione che ci impedisce non solo di camminare, ma anche di tracciare una via. […] Una rassegnazione che non solo ci impedisce di progettare, ma che ci frena nel rischiare e trasformare le cose. Per questo, Padre Nostro, non lasciarci cadere nella tentazione». Ai giovani messicani, e a tutti i giovani del mondo, Papa Francesco ha ricordato che sono “la ricchezza” del loro Paese e che questa ricchezza quando viene “tirata fuori”, come le pietre preziose dalla montagna, può diventare speranza per la propria vita, per il proprio paese, per il mondo. C’è, in questa immagine del Papa, la visione di un’alleanza tra le generazioni che può portare “oltre” la sfiducia, la rabbia e la rassegnazione.
Gli anni che seguirono la seconda guerra mondiale non erano migliori degli attuali, eppure i giovani cattolici di allora non furono vittime della sfiducia e della rassegnazione. La Gioventù Italiana di Azione Cattolica e i Comitati civici resero possibile il 18 aprile 1948. Avevo, allora, 16 anni. Il 12 settembre dello stesso 1948 cantavo con convinzione ed entusiasmo l’inno: “Qual falange di Cristo Redentore”. Dovrei oggi vergognarmene?!
Pur con errori, scoraggiamenti, fallimenti e defezioni siamo approdati ad una Chiesa e a un’Italia che, purtroppo, non ci rallegrano; però, chiedo, sono peggiori o migliori di allora? Certe “Abatjour”, lo dico con amarezza, non sempre funzionano.