I lebbrosi purificati

“Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele”, professa Naaman il Siro davanti al profeta Eliseo.

Prima lettura

È quanto ascoltiamo domenica XXVIII del TO dalla I lettura tratta dal secondo Libro dei Re, libro che riporta la storia e la ‘fine’ dei regni del Nord e del Sud.

Relativamente al nostro episodio, ci troviamo in Samaria (Nord) nel momento in cui Eliseo esercita la sua attività profetica (IX-VIII sec) e compie il noto miracolo, citato anche da Gesù (Lc 4,27), in cui Naaman – “personaggio autorevole” che godeva la stima del re di Aram e di tutto il popolo – ottiene la purificazione dalla lebbra.

Forse non si tratta di vera e propria lebbra in quanto continua a mantenere le relazioni con gli altri, ma di certo rientra nell’elenco di una delle malattie della pelle (Lv 13,1) per cui era necessario ottenere la purificazione ed essere dichiarato ‘puro’ dal sacerdote (Lv 13,6-7).

Naaman non è israelita, è uno straniero appartenente al popolo arameo eppure sulla parola del profeta Eliseo accetta di sottoporsi al ‘semplice’ rito dell’immersione nel fiume Giordano e, vedendosi purificato e ritornata la pelle come quella di un ragazzo, riconosce e professa l’esistenza dell’unico Dio che è il Dio d’Israele. Non solo.

Constatando il privilegio di cui gode Israele di risiedere nella terra che il Signore gli ha donato, fa caricare un po’ di terra per portarla a Damasco sulla quale offrirà il sacrificio al Dio d’Israele, rifiutando così il culto idolatrico.

Salmo

Alla I lettura rispondiamo: “Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia”.

Sono le parole del Salmo 97, Salmo che nonostante sia composto di soli 9 versetti, almeno cinque volte esprime la logica salvifica del Signore che sì, ha ricordato la “sua fedeltà alla casa d’Israele”, ma con la Sua giustizia, la Sua vittoria e la Sua salvezza vuole raggiungere anche tutte le “genti”, tutti gli “abitanti” e tutti i “confini della terra”.

LA PAROLA della Domenica

PRIMA LETTURA
Dal II Libro dei Re 5,14-17

SALMO RESPONSORIALE
Salmo 97

SECONDA LETTURA
Dalla II Lettera di Paolo a Timoteo 2,8-13

VANGELO
Dal Vangelo di Luca 17,11-19

Seconda lettura

Anche nella II Lettera di san Paolo a Timoteo leggiamo la disponibilità dell’Apostolo a fare da tramite perché “quelli che Dio ha scelto raggiungano la salvezza che è in Cristo”. Paolo si esprime specificando “anch’essi” ovvero quanti, seppur non provenienti dal giudaismo, sono aperti all’accoglienza del Vangelo.

Nonostante le catene che tengono prigioniero Paolo, “la Parola di Dio non è incatenata” e continua così il suo percorso missionario. Con ciò l’apostolo intende incoraggiare Timoteo, anch’egli in una fase difficile, perché creda nel beneficio delle ‘catene’, nella fecondità che deriva dalle persecuzioni a vantaggio dell’evangelizzazione e lo sollecita a perseverare con Cristo che, nonostante le infedeltà dei discepoli, “rimane fedele”.

Vangelo

La pagina del Vangelo secondo Luca ci dà modo di approfondire la logica ‘universalistica’ di Dio. Si tratta dell’episodio dei ‘dieci lebbrosi purificati’, episodio esposto solo dall’evangelista Luca e in un contesto in cui (cc. 15-17), più che compiere miracoli, Gesù trasmette insegnamenti relativi al perdono, alla misericordia, alla fedeltà, alla generosità e all’umiltà.

In questo caso, Gesù non solo insegna ma testimonia il carattere universale della salvezza che è venuto a portare nel mondo, un valore che forse trovava difficoltà ad essere accolto se esposto solo a parole. Gesù allora opera il prodigio perchè a Lui si rivolgono i lebbrosi ed i fatti parlano: vengono guariti tutti indipendentemente dall’origine etnico-religiosa. Tuttavia la differenza si evidenzia nel comportamento dei dieci purificati: soltanto uno torna indietro a ringraziare Gesù.

Tutti e dieci riconoscono l’autorevolezza e il potere di Gesù e tutti credono che Gesù li esaudisca perchè tutti si avviano a presentarsi al sacerdote, ma soltanto il samaritano dimostra di aver fatto un vero e proprio incontro con Lui. I gesti che il samaritano compie verso Gesù (lode, prostrazione e ringraziamento) hanno la priorità sul dovere di espletare il rito del presentarsi al sacerdote.

Gesù nell’elogiarlo lo identifica come ‘straniero’ (allogenes) marcando così la superiorità della sua fede su quella degli altri guariti e anche su quella degli apostoli che poco prima gli avevano chiesto di accrescere la loro fede (Lc 17,6).

L’imperativo e la ‘conferma’ che Gesù rivolge al samaritano (“Alzati e va’: la tua fede ti ha salvato”) ci fanno dedurre che possono essere ottenute la purificazione e la guarigione, ma non automaticamente la salvezza.

La purificazione dalla lebbra e la guarigione del corpo riguardano l’uomo in ‘superficie’, ma non entrano nell’interiorità. La salvezza riguarda piuttosto tutto l’uomo, anima e corpo, e il samaritano dimostra di volere ed ha ottenuto un totale distacco dal male spirituale e corporale. Il samaritano, uno ‘straniero’. “È significativo che Naaman e il samaritano siano due stranieri.

Quanti stranieri, anche persone di altre religioni, ci danno esempio di valori che noi talvolta dimentichiamo o tralasciamo. Chi vive accanto a noi, forse disprezzato ed emarginato perché straniero, può insegnarci invece come camminare sulla via che il Signore vuole” (Papa Francesco, 09.10.’16).

Giuseppina Bruscolotti