Giovanni Paolo II ha evocato spesso, particolarmente nei suoi messaggi per la pace del 1’gennaio, un cambiamento storico in Europa: l’emergenza di una società multiculturale e multireligiosa legata alle migrazioni di massa. In questo senso si può parlare di una forma di rivoluzione culturale, che sconvolge il confronto abituale in Europa tra le diverse religioni e tra la fede e l’ateismo. L’Europa deve dunque affrontare la sfida della pluralità delle tradizioni religiose. Siamo entrati in una nuova esperienza storica di pluralismo religioso e culturale. Il nostro mondo è interpellato dai grandi movimenti di popolazione, dalla diffusione delle migrazioni internazionali e dalla novità degli incontri di culture diverse che non hanno precedenti nella storia e sono definitivi. Non si tratta di incontri tra viaggiatori come accadde a Marco Polo per il mondo cinese: ormai la presenza dello straniero, dell’Altro non è transitoria. La questione non è trovare soluzioni provvisorie, ma di accettare l’estraneità, e di vivere, di convivere con l’Altro portatore di un’altra cultura. Nello stesso tempo questa globalizzazione induce uno spaesamento dell’individuo, secondo la suggestiva espressione di Tzvetan Todorov, che può portare alla ricerca frenetica delle proprie radici, cioè al fondamentalismo. Su tale contraddizione, il teologo e vescovo italiano Bruno Forte ha scritto: ‘il rapporto tra identità e differenza, rivelato nel mistero dell’alleanza, è anche dialettico: ciò vuol dire che i due poli non si elidono reciprocamente, come avviene nell’antropologia del trionfo dell’identità o in quella del dominio del nulla, ma si tengono reciprocamente secondo un movimento di negazione, di affermazione e di superamento del tempo nell’eternità’. La grande sfida odierna è vivere nella pluralità e con l’alterità in un’ampiezza nuova e un necessario adattamento senza precedenti da parte di tutti. Per i cristiani, si tratta di accettare altre religioni; ma per i musulmani si tratta di ripensare l’islam, di dire che cosa significa vivere l’islam al di fuori delle terre musulmane, dar-al-islam , in un contesto democratico e laico. La realtà è che, specie in Europa occidentale, siamo immersi in un mondo al plurale dal punto di vista religioso ed etnico. Il secolo che si apre è già un tempo di coabitazione tra persone di identità etnico-religiose differenti. Gli effetti di tale pluralismo che si è inserito nella società europea quasi improvvisamente, sono moltiplicati dall’urbanizzazione che ha aperto una crisi della convivenza sociale. È il problema della città che bisogna affrontare per evitare la formazione di ghetti di periferia. Nell’Ottocento, un giornale borghese conservatore a proposito del proletariato operaio nascente, denunciava che ‘i barbari sono alle porte delle nostre città industriali’, Federico Ozanam rispondeva con il grido ‘passiamo ai barbari!’. Invece di passare ai barbari oggi, si tratta di costruire una città a misura d’uomo, di costruire una civiltà urbana che sia fondata sulla cultura della convivenza, di concepire la città come spazio di condivisione perché i rischi di conflitti legati all’emergenza rapida e spesso traumatica della multiculturalità sono rilevanti.
Le regole della convivenza
AUTORE:
Dominique Durand