Domenica scorsa, 8 dicembre, solennità dell’Immacolata, alle ore 16, nella Sala Lucidi di San Rocco in Spoleto, ha avuto inizio un breve ciclo di incontri sul tema della speranza, con particolare riferimento ai momenti di particolare sconforto, e a volte di cupa disperazione, in cui piombiamo per la morte di un nostro caro, specie se in circostanze particolarmente drammatiche. Quali i meccanismi psicologici che si mettono in moto nella circostanza? E’ stato questo il tema sul quale hanno ampiamente riferito, ad alto livello di scientificità, tre professori del Dipartimento di Psicologia nell’Università Salesiana di Roma: Maria Luisa De Luca, Pio Scilligo (insegnante anche alla Sapienza di Roma per la psicologia sociale) nonché Eugenio Fizzotti, con il ruolo di moderatore. La mancanza di spazio ci obbliga purtroppo a riassumere anche eccessivamente.Vedremo in seguito quali misure prendere. Tema fondamentale: “Elaborazione del lutto”. Perdiamo una persona cara, a volte anche una cosa cara: come difenderci? La prof.ssa De Luca accenna al clima oggi tanto diverso in confronto a ieri. Ieri una morte provocava un accorrere anche eccessivo di parenti, di amici e il moltiplicarsi delle condoglianze. Oggi si evita addirittura il discorso. E si delineano due vie: la distruzione del legame, il distacco dalla persona scomparsa, oppure l’accentuazione della sua presenza quasi che ancora viva accanto a te, fino al punto che ci si parla addirittura (la foto sul caminetto, la lapide al camposanto preferibilmente in ore magari deserte); o il richiamo a quelli che erano i suoi valori e le sue norme, quasi una guida morale. Oppure si oscilla tra presenza e distacco. Ma non si può certo pretendere, come annota Fizzotti, che la psicologia ci apra una realtà che non le è propria e cioè l’aldilà. Il prof. Scilligo accenna anzitutto a notevoli diversità tra vari popoli, come giapponesi e cinesi, da cui anche il non facile problema degli immigrati fra noi. Accenna anche a situazioni tragiche (come in una famiglia, ridotti i familiari da 14 a 4), quando può addirittura esplodere la rabbia contro Dio e magari la sfida. E passa poi a parlare anche di altre perdite: un uccellino per un bambino, terremoti, esplosioni, inondazioni, quando non c’è altra via che la reazione intenzionale. Tanti i percorsi pur di sopravvivere: così, il non lasciarci sapere questa o quella cosa, le modifiche che apportiamo alle modalità relazionali onde evitare certe persone, variazione nella gerarchia dei significati che si cerca di ricostruire in modo meno imbarazzante, congelamento di esperienze attraverso amnesie anche automatiche, scissioni della coscienza in scomparti non importa se incoerenti, distacco da chiunque ti appaia deprimente o depresso, distanziamento di informazioni inutili o controproducenti, ricerca di persone che possono dare un significato al malanno capitato (p.e. di un cristiano di fede nel caso di una morte), gestione molto soggettiva delle memorie ecc. Al termine, il prof. Scilligo accenna ai possibili automatismi, fino alla scrittura automatica: tutta una serie di fenomeni non intenzionali, non consapevoli, non controllabili, e magari in stato di autoipnosi. Giovi l’esempio dell’ubriaco che cerca la chiave di casa, in tasca non la trova e non gli resta che andare a cercare sotto l’unico lampione, senza riflettere che la chiave potrebbe essere anche più in là, e non illuminata. Il lampione è il simbolo della scienza, compresa la psicologia: l’area illuminata ha i suoi limiti. Non ci resta che aspettare i prossimi incontri. Ma – questo è stato il commento di più di uno – occorre interpellare in proposito anche la teologia.
Le ragioni della speranza
Un ciclo di incontri su temi esistenziali
AUTORE:
Agostino Rossi