Le parole del Vescovo perché il relativismo non dilaghi

Fatti e riflessioni sul registro delle convivenze e gli interventi della Chiesa

I mass media l’hanno ingigantita, ma la questione è di quelle sulle quali sicuramente non si può passare sopra a cuor leggero. I FATTIIl vescovo di Gubbio, mons. Pietro Bottaccioli, ha tenuto anche quest’anno l’omelia che tradizionalmente conclude la processione del Venerdì Santo: ne riportiamo il testo qui a fianco. L’atmosfera in città era tesa per la polemica che da poco il Vescovo aveva doverosamente aperto, in seguito all’approvazione da parte del Consiglio comunale dell’istituzione di un registro delle coppie di fatto; all’inizio della Settimana Santa diversi manifesti attestavano dai muri di Gubbio la diversità delle opinioni delle varie forze politiche su questo tema. Nell’accorata e intensa meditazione che il Vescovo la sera del Venerdì Santo ha tenuto a commento di alcuni versetti del canto del Miserere, mirabilmente eseguito dai due folti cori maschili che nella processione per le vie di Gubbio seguono uno l’immagine del Cristo Morto, l’altro l’immagine di Maria Addolorata, il Gruppo consiliare e il Circolo eugubino del partito della Rifondazione comunista da una parte, i portavoce dei Verdi dall’altra ci hanno visto… un po’ di tutto e hanno aperto il fuoco. Il puntatore delle colubrine e degli obici scesi in campo congiuntamente ha concentrato il fuoco sul commento al versetto “Redde mihi laetitiam…”: rileggetevelo, quel commento, nel contesto dell’omelia che pubblichiamo per intero, prima di continuare a leggere questa nota redazionale. E giudicate se e quanto giustamente sostengano Lorsignori. SOSTIENE PEREIRAQuesto il succo del loro sostenere. Sostiene il capogruppo consigliare di Rc: il Vescovo dimentica che siamo in un paese democratico e laico; e ancora: (il Vescovo) chiede alla politica (ma sappiamo benissimo a quale) di mettere da parte la superbia e l’odio; e ancora: nessuno di noi ha mai pensato di agire per scardinare i valori della società; e ancora: noi rivendichiamo la nostra autonomia non dal Creatore, non ne abbiamo bisogno, ma da coloro che questa autonomia la vogliono modellare a loro immagine e somiglianza (terrena). Sostiene il circolo di Gubbio di Rc, profondamente rispettoso dell’istituzione episcopale e del ruolo spesso prezioso della Chiesa nella vita sociale: nell’omelia sono stati usati toni da crociata e strumentalizzazioni della religione in senso politico…; e vengono formulate accuse di superbia da chi, forte dello scudo del potere religioso, con atteggiamento assai poco umile compie indebite ingerenze nel potere politico, pretendendo che esso si subordini al potere della Chiesa. Sostengono i Verdi: ci stupiamo per la colpevole disinvoltura e la mediatica superficialità con cui il Vescovo di Gubbio interviene sulle vicende politiche cittadine; concedono, sì, che il Vescovo possa dire la sua, ma non accettano che nell’esercizio delle sue funzioni si permetta di bollare quale atto di superbia l’approvazione del registro delle coppie di fatto. IN SOSTANZABene. Mettiamo da parte i (pochi ma pesanti) insulti gratuiti; mettiamo da parte le graziosa lezioncina di chi, avendo a suo tempo imparato a distinguere la disinvoltura colpevole dalla disinvoltura meritoria, si periclita a maneggiare con… disinvoltura (non si sa se colpevole o meritoria) concetti come mediatica superficialità, così impegnativi da superare forse la soglia dell’astruso; mettiamo da parte le classiche boutades, del paese democratico e laico che insorge o dell’allarme per il rinascente spirito di crociata e per la strumentalizzazione strisciante. Robetta. Di repertorio. Mediocri tric/trac che non giustificano la veglia notturna delle scolte occhieggianti dalle torri, a guardia della città minacciata. Cianfrusaglie a parte, la sostanza degli addebiti mossi al Vescovo ci pare questa: lei ha visto e denunciato la superbia come matrice della nostra decisione di istituire nel Comune di Gubbio un registro delle coppie di fatto; lei ripropone, dopo la lettera ufficiale che in proposito ha fatto leggere in tutte la Chiesa della diocesi qualche domenica fa, la tesi che l’istituzione di quel registro è un attentato al valore-famiglia. E noi non vogliamo assolutamente attentare a quel valore. Ora la superbia della quale parlava l’omelia del vescovo Bottaccioli non è quella che al catechismo ci hanno insegnato a collocare in prima fila tra i sette vizi capitali. La superbia della quale parlava mons. Bottaccioli è una specie di opzione fondamentale che, secondo la visione cristiana del mondo, sta a monte di tutte le scelte negative. Potremmo definirla l’istanza fondante del male così come lo vedono gli occhi del Dio della Bibbia. È la presunzione di poter fare a meno di Dio nel rispondere alla domanda delle domande: Che cos’è la vita? Il Vescovo la cita col suo nome… tecnico: “hybris”, un termine che noi cristiani abbiamo attinto nel cuore del pensiero greco. Fin dai primordi della storia umana, fin da quando (secondo il messaggio teologico che qualifica la sapiente favola biblica) Adamo ed Eva, contravvenendo al divieto di Dio, vollero cogliere di persona i frutti dell’albero della scienza del bene e del male, da quando cioè gli uomini decisero di darsi quella risposta da soli, senza affidarsi a Dio, identificando da soli l’asse portante dei valori che li avrebbero realizzati come persone. E fu un tragedia. La radice di tutte le tragedie. In questa linea il Vescovo non solo poteva, ma doveva denunciare il registro delle coppie di fatto come elemento di scardinamento dei valori morali; elemento di ‘oggettivo’ scardinamento: mons. Bottaccioli quell’oggettivo l’ha sempre ribadito, per lasciare (da autentico pastore) un varco alla possibile ‘soggettiva’ buona fede di chi quel provvedimento ha voluto o comunque condiviso. È possibile che degli spiriti che si vantano di essere laici, quindi professionisti del dubbio, non siano stati sfiorati dal dubbio che la creazione di questo doppio binario per la regolarizzazione delle coppie, l’inaugurazione di questa scorciatoia per ottenere i vantaggi del matrimonio senza assumerne gli oneri, potesse davvero attentare al valore-famiglia? I laici autentici dubitano, i laicisti no. I credenti adulti e moderni, portatori di una laicità in positivo che vede nel dubbio un trampolino di lancio e non una nicchia di rifugio, hanno sentito forte quel dubbio. E si sono sentiti non solo in diritto, ma in dovere di esigere dal Vescovo quella parola chiarificatrice che solo lui, in quella porzione della Chiesa di Dio che è la sua diocesi, può pronunciare con piena autorevolezza. Nella nostra visione del mondo centrale è l’esortazione di Gesù – “Bisogna pregare sempre” – non solo per non fare stupidaggini, ma per mantenersi in contatto con quel Dio che solo può indicarci giorno dopo giorno le direzioni giuste per la nostra autorealizzazione, come persone e come società, che è il fine ultimo di ogni agire morale, sia personale che sociale. I canali privilegiati attraverso i quali il Padre del Signore Nostro Gesù Cristo ci invia la sua risposta sono tre: il discernimento personale della nostra coscienza di oranti perpetui, il grande libro della natura, l’accoppiata Scrittura/Tradizione che nel Magistero del Papa e dei Vescovi trova la sua proiezione concreta e autentica. Tre canali, da coniugare come un ‘unicum’. Tutto qui. Limpido. Ma anche triste. Perché in gioco c’è l’ulteriore dilagare di un relativismo che rischia di disseccarci ulteriormente, tutti, alle radici e di isolarci da quegli Altri dei quali Gesù ci ha detto che non possiamo fare a meno. La redazioneVenerdì Santo: il testo integrale dell’omelia del Vescovo”Miserere mei Deus, secundum magnam misericordiam tuam”: pietà di me Signore, secondo la tua grande misericordia! Per tutta la Città, passando accanto alle nostre chiese, accanto agli edifici pubblici, accanto alle nostre case, i cori dei cantori si sono alternati a ripetere i versetti dell’antico salmo penitenziale che arriva a noi dalla profondità del Vecchio Testamento e si carica della intensità di fiducia che nasce dalla fede in Cristo, morto per i nostri peccati e risorto per la nostra giustificazione. “Miserere mei Deus, secundum magnam misericordiam tuam” La tradizione ininterrotta ha inizio nella nostra città nel 1200, all’origine del Movimento dei Disciplinati, quando il canto era accompagnato dai flagelli con cui i nostri antenati punivano il loro peccato, nella loro struggente coscienza della gravità dell’offesa a Dio. “Tibi soli peccavi et malum coram te feci”: contro Te, contro Te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi io l’ho commesso. C’era allora dentro il canto un’anima: l’anima della fede in Dio, l’anima sincera del pentimento, il desiderio vivo del perdono e di una rigenerazione spirituale. “Asperge me hissopo et mundabor lavabis me et super nivem dealbabor”: purificami con issopo e sarò mondato, lavami e sarò più bianco della neve. “Redde mihi laetitiam salutaris tui”: ridonami la gioia della tua salvezza. Una fede oggi tanto affievolita rischia di banalizzare questa antica preghiera, di non farla più salire dalla profondità del cuore ma di farne solo una superficiale emozione provocata dalla melodia del canto. Vogliamo adesso, in questa breve sosta al termine della Processione, di fronte alle venerate Immagini del Cristo Morto e della sua Madre Santissima Addolorata, ricollegarci alle antiche radici di questa manifestazione di pietà popolare, rinnovandone lo spirito con una sincera adesione interiore? Vogliamo riconoscere nella Passione dolorosa e nella Morte ignominiosa del Signore la gravità del nostro peccato se per la sua riparazione tanto grande prezzo è stato pagato? Il peccato sempre ha insidiato la vita degli uomini ma oggi, in particolare, esso si erge in tutta la sua radicalità, ripetendo quello adamitico che ha come meta l’essere come Dio, conoscitori del bene e del male, cioè artefici di un progetto alternativo rispetto a quello proposto da Dio. E’ l’hibris umana, la superbia che rivendica la sua autonomia dal Creatore; una hibris che attraversa la cultura secolarizzatrice e che trova adesione anche nella nostra città, non rendendosi conto che scardinando i valori morali, che solo in Dio hanno il loro fondamento, si lacerano i rapporti della comunità cittadina come vediamo verificarsi nella più ampia comunità umana. Con profonda umiltà riconosciamoci tutti peccatori e facciamo nostre le ardenti invocazioni del Miserere che abbiamo cantato o ascoltato senza averle probabilmente interiorizzate. “Cor mundum crea in me Deus et spiritum rectum innova in visceribus meis”: crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova dentro di me uno spirito fermo. E’ per noi la invocazione del dono dello Spirito Santo che è remissione dei pecccati e ispiratore dell’amore di Dio e dei fratelli attraverso i sacramenti pasquali della Penitenza e della Eucaristia. “Benigne fac Domine in bona voluntate tua Sion ut aedificentur mura Jerusalem”: o Signore Crocifisso e Risorto ricostruisci le mura abbattute di questa comunità, la sua tenuta nella fede. Ridona pace a Gerusalemme, spegnendo l’odio omicida tra il popolo ebreo e il popolo palestinese perché possano pacificamente convivere. Dono a tutto il mondo il tuo perdono e la tua pace. Fa che anche noi, interiormente rinnovati, collaboriamo al cammino verso una umanità nuova redenta dal tuo Sangue, o Cristo Gesù Crocifisso e Risorto!