Le mani sull’“oro blu”

ACQUA. Molinari: “Se non è un diritto, diventerà un prodotto a prezzo di mercato”

Con il sì definitivo dell’aula della Camera al decreto legge Ronchi che liberalizza i servizi pubblici locali, la gestione dell’acqua e dei rifiuti passerà progressivamente nelle mani dei privati, mentre la proprietà della rete idrica resterà agli enti locali. Sul provvedimento era stata posta dal Governo la fiducia. Contro la privatizzazione si sono già sollevate le associazioni dei consumatori e della società civile, dicendosi “pronte al referendum”. Anche Benedetto XVI, nel suo discorso alla Fao il 16 novembre, aveva invitato a non “dimenticare i diritti fondamentali della persona tra cui spicca il diritto ad un’alimentazione sufficiente, sana e nutriente, come pure all’acqua”. Cosa accadrà all’acqua pubblica con il decreto legge Ronchi approvato alla Camera in questi giorni? Sarà gestita meglio? Pagheremo di meno o di più? La scelta del Governo, per Emilio Molinari, presidente del Comitato italiano per un Contratto mondiale sull’acqua, che dal 2002 si batte per il diritto all’acqua come bene pubblico, non porterà buone novità per i cittadini. Con il decreto Ronchi, dice Molinari, “è caduto l’ultimo bastione di resistenza pubblica rappresentato dalle società per azioni in house, cioè con il 100% del pacchetto azionario in mano ai Comuni. Questo è ancora in atto in 64 Ambiti territoriali italiani. Dal 2011 le società in house saranno costrette a mettere sul mercato e quotare in borsa il 40% del loro pacchetto azionario. Questo non è un fatto da poco: insisto a dire che l’acqua non è un servizio ma un diritto umano, e i cittadini non sono né consumatori né utenti ma portatori di un diritto”. Però la rete degli acquedotti resterà in mano ai Comuni…“Il diritto non è solo la proprietà dell’acqua pubblica. Perché il passaggio dal diritto al mercato si misura sulla gestione: se io do in gestione per 30 anni l’acqua potabile del rubinetto, vuol dire che l’acqua italiana è in mano ai privati. La mistificazione di questi giorni è banale ipocrisia. Con il decreto si attuerà e si concluderà una lunga battaglia che dura da 10 anni in Italia. Noi abbiamo anche presentato una legge di iniziativa popolare con 400.000 firme consegnate al Parlamento. Ma tutto ciò viene vanificato dal decreto”. C’è chi sostiene che l’Europa obbliga alla privatizzazione: è vero? “Non è affatto vero. Tant’è che la Francia, prima nazione a privatizzare il proprio servizio idrico, lo sta rendendo di nuovo totalmente pubblico. Il Belgio ha fatto una legge per non privatizzare l’acqua. La Germania ha bloccato la privatizzazione, nonostante sia il Paese dove ha sede una delle principali multinazionali dell’acqua. Anche la Spagna e l’Austria hanno detto no alla privatizzazione. Per non parlare dell’America Latina, dove addirittura sulla questione dell’acqua vengono cambiate le Costituzioni. Anche negli Usa l’acqua è in mano alle municipalità”. Quindi in Italia i cittadini non avranno più voce in capitolo…“Già. La cosiddetta ‘acqua del sindaco’ sparisce e i cittadini non potranno più chiedere conto della gestione dell’acqua. Ma se una multinazionale francese o una banca (perché saranno loro alla fine a prendere tutto) detteranno la politica degli acquedotti, come succede in Inghilterra, i cittadini non potranno fare più niente. Diventeranno solo consumatori di un prodotto che sta sul mercato”. Si parla di aumenti di tariffe e infiltrazioni mafiose nei capitali. Rischi reali? “Certo. Rischiamo di avere, prima di tutto, una discriminazione sociale nei consumi tra la povera gente. Un esempio: a Leonforte, in Sicilia, è in atto da anni uno sciopero della bolletta dell’acqua. Le assemblee sono affollatissime da pensionati perché cominciano a non farcela più: se aumenta la bolletta del gas, della luce, dei rifiuti, dell’acqua, il peso diviene insostenibile. I prezzi, dettati dal mercato, aumenteranno sicuramente con una certa gradualità, per non irritare troppo i cittadini. All’inizio ci saranno aumenti del 20% ma poi si arriverà a situazioni come ad Aprilia, dove sono stati del 200%. E poi chi è il privato nelle regioni del Sud o a Milano? La mafia e la camorra ormai sono entrate nei mercati finanziari. È chiaro che il capitale entrerà nelle società. La politica italiana sembra non rendersi conto che sta determinando un passaggio epocale e spaventoso, per certi versi. È come se la sbornia privatistica continuasse in Italia senza prendere atto che molti Paesi stanno cambiando rotta!”. Tempi brevissimi per la fiducia al decreto, quale sarà la vostra contromossa? “È stato fatto in tempi brevissimi perché più passava il tempo, più la gente si coscientizzava, anche grazie alla stampa e ai giornalisti. Pensiamo di ripartire soprattutto dai territori, dagli amministratori, che non si rassegneranno al decreto. C’è tempo fino al 2011, organizzeremo la resistenza sindaco per sindaco. Chiederemo alle Regioni di impugnare la legge per anticostituzionalità e a tutti i partiti italiani di non andare avanti con i corporativismi: l’acqua è vita per tutti. Tutti insieme possiamo andare ad un referendum. Prevediamo anche proteste di piazza. Già in queste ore stanno avvenendo manifestazioni spontanee un po’ ovunque, senza che il Forum italiano dei movimenti le abbia convocate”. Contro la privatizzazione idrica Perugia raccoglie oltre 1.200 firmeI perugini hanno raccolto, in pochissimo tempo, ben 1.238 firme contro la privatizzazione dell’acqua varata con legge dalla maggioranza parlamentare. Non c’è voluto nemmeno il prete, come accaduto invece a Menfi (Agrigento) dove il parroco locale – armato di simboliche pistole ad acqua – si è decisamente schierato coi cittadini contro la privatizzazione delle reti idriche siciliane. Per la prima volta, dunque, i cittadini di Perugia richiedono una modifica dello Statuto comunale e lo fanno con 1.238 firme a sottoscrizione di una proposta di delibera d’iniziativa popolare, presentata il 12 novembre al presidente del Consiglio comunale di palazzo dei Priori. Tale proposta di delibera deve essere iscritta all’ordine del giorno entro 30 giorni per essere discussa e votata nel corso di una seduta aperta del Consiglio comunale. “La nostra proposta di delibera – afferma Elisabetta De Persio, coordinatrice del Comitato umbro acqua pubblica – si articola in quattro punti fondamentali: riconoscere il diritto umano all’acqua; confermare il principio della proprietà, gestione pubblica e partecipata del servizio idrico integrato; riconoscere il servizio idrico integrato come privo di rilevanza economica; e garantire il diritto umano all’acqua attraverso l’erogazione gratuita del quantitativo minimo vitale, pari a 50 litri di acqua al giorno per persona. Proprio in questi giorni – continua De Persio – in cui il Parlamento approva l’articolo 15 del Dlgs 133/09 che spinge fortemente verso la privatizzazione dei servizi pubblici, incluso il servizio idrico, i cittadini di Perugia esprimono il loro dissenso nei confronti della mercificazione di un bene comune indispensabile alla vita umana, e chiedono ai loro consiglieri di votare all’unanimità la proposta di delibera”.

AUTORE: Pa. Gio.