Ma perché ce l’avrà sempre con me? Nel suo ultimo numero, La Voce ha pubblicato una lettera di padre Basilio Martin, eremita ed esorcista della diocesi di Gubbio, e il nostro Direttore ha giustificato la pubblicazione di quella lettera con il fatto che un commento al Vangelo uscito di recente su un periodico telematico (Il Gibbo) ha suscitato una certa perplessità… in molte persone.
Ne chiedo scusa, perché sono io il presidente dell’associazione di volontariato cattolico di impegno informatico che a Gubbio porta il nome con cui Dante chiama il grande massiccio roccioso che incombe sul monastero di Fonte Avellana, il luogo sacro nel quale abbiamo trovato, molti di noi per la prima volta, un sostanzioso alimento per la nostra fede. Dal 2007 ci vediamo una volta la settimana per la lectio divina, condotta sul commento che alla liturgia della Parola della domenica propone Fernando Armellini (Ascoltarti è una festa, 3 voll., ed. Messaggero). Rivisitato da me, quel commento viene inviato a una mailing list piuttosto lunga. E i commenti sono spesso molto favorevoli. Volete riceverlo anche voi? Scrivete a angelomariafanucci@gmail.com.
Ma perché ce l’ha sempre con me? Stavolta è uno di questi commenti settimanali che fa da bersaglio delle taurine cornate di p. Basilio. Il quale in buona sostanza mi rimprovera di aver pubblicato, sotto il lemma evangelico “Amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe…”, una foto di Benedetto XVI in abiti sontuosi, circondato da prelati conciati in maniera analoga. Tutto qui.
È un sacrilegio? Quando si chiuse il Concilio, una grande moltitudine di Padri conciliari firmò un documento nel quale fra l’altro essi si impegnavano a cancellare ogni sfarzo dalla liturgia. È un sacrilegio? Forse la forma in cui l’abbiamo ricordato era inopportuna, ma per l’eremita inconcusso è stato un sacrilegio, per cancellare il quale egli sciorina un’accozzaglia di argomenti, biblici e ad personam che oscillano tra il grottesco e il paludato. E infilza diverse bugie, come quella che io da anni presenterei “la Chiesa ufficiale impietosamente piena di peccati e di ombre oscure”, e che nei confronti della Chiesa nutrirei come esclusivo il “vivo desiderio di una Chiesa senza macchia e senza rughe”.
Balle. Nel commento della V domenica del tempo ordinario, 10 febbraio 2013, ho esortato i miei lettori a “intervenire quando nel bar si scatena la troppo facile denuncia delle malefatte del Vaticano, invitando innanzitutto all’equilibrio, a non calunniare nessuno, ma soprattutto ricordando che quella Chiesa piena di difetti è assolutamente la stessa che, secondo la fede, ha in sé, nei suoi ‘gesti santi’ (i sacramenti) il tesoro della salvezza”.
“Ma in che mondo vive costui?” si chiede in chiusura p. Basilio. In un mondo che non vorrebbe essere tanto diverso dal suo, ma che in realtà lo è. Diversissimo. Purtroppo. E grazie a Dio.