Venerdì 19 dicembre il nostro don Agostino Rossi compirà 90 anni. La diocesi intera gli deve gratitudine per l’impegno che ha profuso nei suoi 67 anni di ministero presbiterale, tutti dedicati a questa Chiesa particolare di Spoleto: egli fu parroco, insegnante e preside, rettore del Seminario regionale, canonico del Duomo, vicario degli arcivescovi Alberti e Ambrosanio e amministratore diocesano. Fu lui ad accogliermi a Spoleto e fu mio vicario generale per sei anni. Al di là degli onori che ha ricevuto a piene mani dal Papa, dai Vescovi e anche dalle autorità civili, dei titoli e delle benemerenze, credo che il suo novantesimo compleanno sia un’occasione propizia per riflettere su un modello di prete che egli ha incarnato in questa Regione: fare del servizio alla Chiesa una ragione di vita, trovare nel dono di sé la gioia, mettere ogni impegno umano possibile per essere idonei ad un esercizio proficuo del sacerdozio. Certamente quel modo di fare il prete già ai tempi della Seconda guerra mondiale ebbe qualche sapore di profezia o, quantomeno, non fu conferma a quanti ritenevano il sacerdozio una vita comoda, un modo per sistemarsi con il rispetto e la considerazione di molti. Don Agostino e i suoi epigoni non furono sempre eroi, ma provarono ad esserlo e già per questo meritano la nostra gratitudine: ci hanno posto domande significative e ci hanno fatto riappropriare della dimensione soprannaturale del sacerdozio cattolico. Nacque a L’Aquila, figlio di una direttrice delle Poste, ma bevanate fu con tutta la sua famiglia da molte generazioni e spoletino per elezione e anche per l’esercizio di gran parte del suo ministero. Il prete, come un uomo su cui puoi contare, è un modello che ancora affascina. Al di là della condivisione di piccoli particolari e delle visioni stesse del mondo, personalmente mi è stato maestro, con una discrezione quasi infinita, per avviarmi all’episcopato, ma anche per farmi innamorare di questa Chiesa per la quale egli ha sognato ogni bene, fin da quando, bambino delle elementari, pensò di diventare prete ed entrò in seminario. Un uomo d’altri tempi, per certi versi; ma anche, io credo, una persona a cui si addice quello che Gesù commenta di Natanaele: ‘Ecco un vero israelita in cui non c’è frode’ (Gv 1, 47). Invidio in don Agostino la capacità di vedere sempre la parte buona di quello che accade e anche nel comportamento degli altri; ma anche la semplicità con cui, senza mai inquietarsi seriamente, riesce ad accogliere le prove della vita. Arrivare a novant’anni ed avere la delicatezza di un bambino sono un bel modo di essere prete. La sua penna elegante di uomo di lettere fu sempre al servizio della Chiesa, nelle frequenti pubblicazioni e nel lavoro per La Voce. Del settimanale dei Vescovi umbri fu tra i fondatori, per un certo tempo ne fu anche direttore; ne è un intrepido assertore, fino a diventare proverbiale nei suoi richiami di sostegno al giornale. La sua oratoria fiorita ha punteggiato i momenti più significativi della nostra vita ecclesiale, specialmente in riferimento al beato Pietro Bonilli, a cui don Agostino è tuttora legatissimo. In un’epoca in cui, purtroppo, nella nostra diocesi acquisire i titoli accademici in scienze ecclesiastiche era ritenuta un’ambizione, don Agostino si dedicò alle Lettere e, con la sue oggettive risorse naturali, prese quella laurea in Lettere classiche che gli permise poi di fare un lungo e fruttuoso ministero nella scuola. Chi lo conobbe attivo preside ne serba una grande memoria, anche se le battaglie che lo videro protagonista hanno bisogno di essere storicizzate e rilette nel complesso dibattito ecclesiale dell’Italia degli anni ’50 e ’60. Riuscì ad essere fedele alla Chiesa e fedele al popolo, per il quale sappiamo bene che sarebbe tuttora pronto a sacrificarsi. Credo che sia divenuto, per virtù, quasi incapace di dire di no a chiunque abbia bisogno. Quando la diocesi ebbe necessità prima di un rettore del Seminario regionale e, poi, di un vicario generale, senza batter ciglio, sacrificò la sua carriera di preside, non curandosi neppure di far pregiudicare la sua pensione, che avrebbe potuto essere ben più alta di quel che è, se avesse pensato a sé e non agli altri. La stessa liquidazione ricevuta al termine del servizio nella scuola è andata quasi tutta in carità. Sono dovuto intervenire perché, pur di aiutare i bisognosi, non una sola volta ha preso prestiti in banca, impegnandosi a ripagarli con il suo modesto reddito. Una volta mi disse che il Bonilli avrebbe fatto così. E a don Pietro Bonilli ha dedicato non solo la sua bella penna, ma anche il cuore. Quanto ha lavorato per il beato Pietro, finanche scrivendo di lui e lasciando ad altri l’onore della firma! Ha profuso anche intelligenza, sostenendo le suore della Sacra Famiglia nel rinnovato approfondimento del carisma, finché ha potuto. La sua elegante oratoria, sempre segnata da quel taglio particolare dell’esporre che distingue gli insegnanti, si è nutrita di tanti libri. Don Agostino, formatosi in un’epoca remota e in una diocesi che non ha apprezzato la cultura ecclesiastica, ha divorato montagne di libri, acquisendo quella teologia rinnovata che fu del Concilio. Credo che, ai suoi novanta anni, giovi a tutti noi più giovani ammirare anche la dimensione intellettuale dell’uomo, dove la fede e la cultura sono cresciute armoniosamente, facendone un grande nella nostra piccola diocesi, ma forse anche in Umbria. L’attenzione che presuli e sacerdoti di varie parti della regione hanno voluto dare al suo novantesimo genetliaco mi pare la prova di una coralità che appartiene all’anima di don Agostino Rossi e alla sua storia. L’amicizia per l’arcivescovo Chiaretti, con il quale condivise per molti anni l’amore e il servizio a questa Chiesa spoletana, e l’entusiasmo per la nomina del vescovo Sigismondi, che fu alunno del Seminario durante il suo rettorato, sono piccoli ma significativi segni di quell’apertura del cuore che fa del sacerdozio un’avventura bella e incantata. A quei legami maggiori si unirono negli anni migliaia di relazioni con i poveri e i bisognosi, una pietà forte e una fede cristallina. Un prete così ci è proprio caro e fa venir voglia di seguirne l’esempio. Don Agostino nostro, buon compleanno!
L’avventura di un prete novantenne
Diocesi in festa per i 90 anni di don Agostino Rossi
AUTORE:
' Riccardo Fontana