Lavoro: atipico e flessibile

L'agenzia Umbria ricerche fa un quadro della realtà lavorativa: le più penalizzate le donne

L’Agenzia Umbria Ricerche (Aur), nell’ambito del progetto ‘Prassi’, si sta occupando di flessibilità. I dati emersi sono stati presentati nel seminario ‘Flessibili e precari in Umbria. I lavori dei giovani e delle donne.’ che ha avuto luogo lo scorso 12 luglio presso la sede di via M. Angeloni. Accanto al relatore nonché direttore dell’agenzia, Stefano Patriarca, sono intervenuti la Presidente, Cecilia Cristofori, l’assessore regionale all’Istruzione e sistema informativo integrato, Maria Prodi, Giampiero Falasca, esperto di diritto del lavoro.Dalla ricerca dell’Aur, Agenzia Umbria ricerche, sul fenomeno della flessibilità del lavoro emergono dei dati particolarmente significativi e indicativi di come il mercato del lavoro sia cambiato e di come siano cambiate, conseguentemente, le stesse dinamiche sociali. I valori numerici ai quali si fa riferimento sono relativi al 2003. Le fonti utilizzate sono i rapporti dell’Istat insieme ad una serie di indagini condotte dall’Agenzia sulle famiglie e le imprese in Umbria, sulle professioni, sul lavoro interinale. Si è parlato ampiamente, durante il seminario ‘Flessibili e precari in Umbria. I lavori dei giovani e delle donne’, di ‘lavori atipici’ e di ‘lavoratori non standard’. In questa categoria, che sembra andare molto di moda, rientrano il part-time, il lavoro stagionale, interinale, l’apprendistato, il contratto di formazione, di collaborazione etc. Sono circa 47.054 i lavoratori non standard in Umbria, dei quali 14.941 uomini e 32.113 donne. Tra coloro che hanno meno di 25 anni, la percentuale di lavoratori maschi non standard è pari al 29,8%, quella delle donne invece corrisponde al 50%, di gran lunga superiore alla media in Italia. Molto diffuso il lavoro atipico tra i laureati (17,2%), più che nel resto della penisola, soprattutto nel settore dei servizi. L’aumento della flessibilità, come sottolinea il direttore dell’Aur, Patriarca, si è accompagnato ad una generale crescita dell’occupazione. In compenso però sono diminuite le ore lavorative e si è abbassato il livello dei redditi. I giovani non sono certamente favoriti da questo fenomeno poiché accedono al mondo del lavoro in età più avanzata. Tuttavia un più alto livello di istruzione contribuisce ad arginare i rischi della precarietà. ‘È la bassa qualità dell’impresa – continua Patriarca – ad innescare il meccanismo e la tendenza alla precarietà!’. Per limitarla suggerisce una politica di sviluppo, innovazione e investimento alle imprese. Maria Prodi, assessore regionale all’Istruzione e sistema informativo integrato, si concentra, dal canto suo, sugli obiettivi politici: ‘È importante affinare gli strumenti politici che consentano l’accettazione della flessibilità. È importante che la flessibilità sia un fenomeno propedeutico e non una cronicizzazione della condizione di precarietà. È importante promuovere la congruenza tra la professionalità e le opportunità lavorative’. Le ricerche dell’Aur sulla qualità del lavoro e dell’impresa e sulle politiche del lavoro saranno presentate in modo organico il prossimo autunno, in occasione del convegno ‘Il Lavoro e le sue politiche in Umbria’.

AUTORE: Chiara Bonomi