Dal 2007, ogni mercoledì i formidabili esperti d’informatica che mi hanno coinvolto nell’associazione “Il Gibbo” (Associazione di volontariato informatico) spediscono a migliaia di indirizzi, in tutto il mondo, una mia lettera, gremita di pinzallacchere assortite (direbbe Totò), e insieme un commento alla liturgia della Parola della domenica seguente.
Commento che ovviamente non è mio, che ho studiato teologia al Laterano quando imperversava la metafisica (e questo era un gran bene), e per la Scrittura… meglio dedicarsi alle parole crociate. E dunque non per umiltà intellettuale, che – dicunt – forse in me latita alquanto come il bel gioco nella Nazionale italiana di calcio, ma per necessità, riporto, con qualche mia piccola intrusione, il commento al Vangelo domenicale che ci offrono grandi biblisti: ultimamente Klaus Berger, docente prima alla Rijksuniversiteit di Leida (Paesi Bassi), poi alla Rupert-Karls-Universität di Heidelberg (Germania) e infine nel monastero di Marianwald a Heimbach (Germania).
Ci siamo detti: uno che ha superato indenne lo slalom tra tutti questi nomi orribili deve pur essere valido: e lo è senz’altro, anche se chi lo ha tradotto in italiano per la Queriniana conosce poco e male sia il tedesco che l’italiano. Per l’insieme della liturgia della Parola mi servo invece dei tre volumi Eucaristia e Parola pubblicati dalla comunità di Bose per i tipi di Vita e Pensiero.
Uno dei brani pubblicati da Bose per il commento alla Parola di una delle ultime domeniche scrive, a proposito dell’esito che ha e deve avere la predicazione dei missionari del Vangelo: se il profeta, o il missionario, incontra spesso l’indifferenza di coloro ai quali è stato mandato, a volte la loro diffidenza o anche il totale rigetto… nessun problema, l’esito, positivo o negativo, della sua missione non dipende dall’audience, bensì dalla fedeltà alla parola di Colui che l’ha inviato.
Come l’olio sul lume. Ero un po’ abbacchiato per come un mio confratello, al quale avevo chiesto di sostituirmi nella celebrazione della messa prefestiva di Santa Maria al Corso, il sabato alle 19, mi aveva risposto: “Ma sono pochi! Mandali in parrocchia!” (Santa Maria al Corso è solo una rettoria).
“Mandali”. Come pacchi postali o, più semplicemente, così come si manda a quel paese un rompiscatole? Venti/trenta persone al cui corretto approccio con la Scrittura dedico – da qualche giorno prima – quel po’ di materia grigia della quale ancora dispongo, come se fossero 20.000 o 30.000. Per fare comunità, forse è ora di rinunciare alle folle di clienti.