di Andrea Casavecchia
Purtroppo, il conflitto in Ucraina prosegue nella sua efferatezza, come tutti i conflitti. Questo lo sentiamo più vicino di tanti altri. I Paesi dell’Unione europea sono stati pronti ad aprire le porte ai profughi: oltre 3,5 milioni di loro hanno già attraversato i confini per fuggire alla guerra, secondo le stime della Unhcr, l’agenzia per i rifugiati dell’Onu.
C’è molta solidarietà. Lo vediamo dalle colonne di Tir che partono da tanti paesi per portare vettovagliamento e abiti; lo vediamo dalle carovane di pullman e auto che arrivano sul posto a prendere i bambini con le loro mamme o i loro nonni, per portarli in posti più sicuri. Arrivano nelle nostre case, alcuni iniziano a essere accolti nelle nostre scuole. Ci sentiamo tutti coinvolti. Vediamo immagini drammatiche di palazzi bombardati, città devastate, persone che si nascondono all’interno delle reti metropolitane o in rifugi per scampare ai missili.
La comunicazione sta giocando un ruolo centrale. Forse non cambierà le sorti della guerra, ma ha un’incidenza sull’opinione pubblica dei Paesi democratici. Già questo ha provocato una reazione comune, specialmente tra gli Stati dell’Unione europea, e ha avuto l’effetto di mettere in pratica un embargo efficace e molto duro verso il Paese invasore.
Ci saranno dei sacrifici da sostenere: l’aumento della benzina è un segnale immediato, ma le proteste non sono state poi così aspre.
Forse è la prima volta che in maniera così consistente la comunicazione penetra prepotentemente nel conflitto, perché l’informazione non passa solo per le vie istituzionali, non è affidata in esclusiva ai professionisti. Le immagini ci arrivano dalle piattaforme: foto, video, canzoni sono postate sui diversi canali social e si diffondono. La comunicazione è sempre stata un’arma della propaganda. Lo vediamo nella censura applicata in Russia, dove non si può utilizzare la parola guerra o invasione, ma “operazione militare speciale”, e nell’utilizzo dello scenario dello stadio per parlare alla nazione. Lo vediamo nella capacità comunicativa del Presidente ucraino, che riesce attraverso comunicazioni video a rivolgersi al suo popolo per incoraggiarlo nella resistenza, e agli altri Paesi per chiedere sostegno.
Con questa guerra osserviamo che le notizie oggi si connettono tra loro, diventano materiale con il quale alimentiamo la nostra capacità di interpretare la realtà. I piani si intrecciano le piattaforme digitali e i mass media tradizionali si integrano. Tutti diventiamo comunicatori e tutti costruiamo contenuti.
Le informazioni che inviamo sono sempre “costruite”. Per questo bisogna avere maggiore accortezza, perché diventa sempre più complicato trovare informazioni affidabili, credibili. Diventa più difficile rispettare l’etica, che chiede di rispettare alcune regole, a partire dalla dignità e la tutela delle persone.