Abbiamo da pochi giorni varcato il solenne portale di ingresso nel tempo santo della Quaresima, stagione di grazia, tempo “pieno” di quaranta giorni nei quali Dio rieduca il suo popolo nei tre rapporti fondamentali che costituiscono la verità della condizione umana: nei confronti di Dio, del prossimo e delle cose. È una grande scuola di autenticità, di eliminazione della menzogna: “Guai all’uomo che va in giro portando un uomo più grande delle sue opere”, affermava Silvano del monte Athos. Ancora, è tempo di lotta spirituale che si combatte con le armi della preghiera, della penitenza e della carità. Ed è proprio questa dimensione di combattimento uno degli aspetti più disattesi della vita cristiana, mentre risulta fondamentale anche in vista dell’edificazione di una personalità umana, prima ancora che cristiana, salda e matura. Potranno sembrare riflessioni “fuori luogo” e “fuori tempo”. Eppure, per ogni cristiano, la lotta spirituale è più che mai essenziale. Si tratta del combattimento invisibile in cui l’uomo oppone resistenza al male e lotta per non essere vinto da quelle pulsioni e suggestioni che sonnecchiano nel profondo del suo cuore, ma che sovente si destano ed emergono con una prepotenza aggressiva, fino ad assumere il volto di tentazioni seducenti che possono essere contrastate, ma non annientate. Davvero, secondo l’acuta sintesi di Origene, “la tentazione rende l’uomo un martire o un idolatra”. Per questo il cristiano prega ogni giorno e invoca: “Resta con noi, Signore, nell’ora della prova”.
Ma quanti conoscono oggi quest’arte della lotta, che ancora la generazione precedente ha ricevuto in eredità da comuni e non rare guide spirituali? Privati di questo, molti cristiani si sono assuefatti a soccombere alle tentazioni, convinti che contro di esse non ci sia nulla da fare, non avendo mai nulla imparato al riguardo. Ebbene, la lotta contro le tentazioni a volte si fa dura, ma senza di essa il cristiano si arrende alla mentalità mondana; egli comincia a far convivere in sé atteggiamenti religiosi e alienazioni idolatriche, in una sorta di schizofrenia spirituale, per poi giungere a svuotare del tutto la fede. Occorre dunque prendere sul serio tale combattimento. Va detto con chiarezza: non è possibile l’edificazione di una personalità umana e spirituale robusta, senza un esercizio di discernimento tra bene e male, in modo da giungere a dire dei “sì” convinti e dei “no” efficaci. “Sì” ad una progressiva conformità a Cristo; “no” alle spinte egocentriche che ci alienano e contraddicono i nostri rapporti con noi stessi, con Dio, con gli altri e con le cose, rapporti chiamati ad essere contrassegnati da libertà e amore. “Nel cuore di ognuno – osserva L. Boff – abitano santi e demoni; istinti di vita e di morte lacerano l’interno di una persona”. “Siamo divisi tra il desiderio di elevarci fino alla contemplazione dei Troni e delle Dominazioni, e il bisogno di assaporare i forti liquori del peccato” (M. Raymond). Concludendo vorrei lasciare la parola a un grande testimone, il Patriarca Atenagora, che affermava: “Per lottare efficacemente contro il male bisogna volgere la guerra all’interno, vincere il male in noi stessi. Io questa guerra l’ho fatta. È stata terribile. Ma ora sono disarmato. Non ho più paura di niente perché ‘l’amore scaccia la paura’”.