L’ultima tragedia. Scriviamo sempre dell’ultima tragedia. Siamo costretti mentalmente. Ci sarebbero tante altre cose da dire, da comunicare, anche gioiose e curiose, persino frivole, che possono divertire, distrarre, sollevare gli animi. Siamo invece sempre inchiodati davanti a tragedie, ripiombati dentro una cisterna, o sul ciglio di una strada davanti allo spettacolo di vittime falciate nell’ennesimo incidente stradale mentre sono in attesa dello scuolabus o a piangere sulle ceneri rimase dopo l’incendio che ha portato via una famiglia di fabbricanti di fuochi d’artificio. Sarebbe preferibile ed anche utile discutere di candidature politiche, almeno sul giornale, visto che non si possono scegliere nella cabina elettorale, né è possibile fare le primarie che tra l’altro costerebbero un patrimonio, come negli Stati Uniti. Siamo invece forzati a pensare a quella catena di morti dentro la cisterna. Come è possibile che cinque persone siano finite così? Persone che fanno un mestiere, che non stavano lì per caso, dovevano perciò essere istruiti, abituati, attrezzati, esperti ed anche capaci di avvertire il pericolo.Altra fonte di dolore e tragedia inarrestabile è quella che riguarda gli incidenti stradali. Si sono fatte leggi per ridurre la velocità, rendere più sicuri i mezzi, si è inventata la patente a punti, si sono studiate segnaletiche, autovelox, multe a chi supera i limiti di velocità, fino al ridicolo di certe esagerazioni (ho preso una multa per eccesso di velocità, 58 km/h in una diritta di periferia di un centro disabitato). Tutto bene senza discussione. Si facciano ancora leggi e controlli. Ma forse c’è anche qualcos’altro da fare sul piano generale della riflessione e della educazione. Si deve ripensare l’organizzazione della vita, rimettere i paletti con ordine sui modi di essere e di comportarsi in tutte le situazioni in cui ci si trova, in casa, sulla strada, nell’ambiente di lavoro. Riscoprire il valore del lavoro non solo come salario e profitto e non solo come tecnica, ma nella sua complessità e nel coinvolgimento che esige da parte della persona umana cui chiede l’esercizio di tutte le sue energie e risorse, a cominciare dalla risorsa dell’intelletto. Qualsiasi lavoro, anche il più semplice esige attenzione, concentrazione, una predisposizione d’animo. Ci sono poi dei lavori così difficili e rischiosi che richiedono un’alta specializzazione e attitudine. Nel caso dei cinque morti nella cisterna vuota (ancora una cisterna vuota) non possiamo fare altro che inchinarci di fronte a persone che hanno sentito impellente e istintivo l’impulso del cuore di correre in aiuto dell’amico in pericolo. Nessuno ha amore più grande di chi dà la vita per i propri amici. I soliti criteri d’interpretazione che fanno scattare proteste e scioperi in questo caso, come in casi analoghi, non valgono, perché a morire per primo è proprio il padrone . Questi non è più lo sfruttatore, ma uno che lavora e rischia più di tutti in ogni senso Gli operai lo sanno e lo vedono, e per questo sono corsi per salvarlo. La vecchia classe operaia in assetto di guerra contro quella dei padroni oggi è una comunità di persone, uomini e donne, che lavorano legati ad un comune progetto, mettendo in conto difficoltà e rischi, vincolati da un tacito patto di solidarietà tra ‘compagni’, nome finalmente liberato dall’ideologia e riportato alla sua originaria valenza semantica di ‘colui che divide il pane con l’altro’.
L’amore più grande: dare la vita
AUTORE:
Elio Bromuri