Queste prime domeniche dell’anno nuovo la Liturgia dà risalto alla potenza di Gesù che è superiore a qualsiasi tipo di male per cui annulla le malattie, ridona la vita e libera dai demoni. Domenica prossima (VI del Tempo ordinario) l’attenzione si focalizza su un male ben preciso: le malattie della pelle connesse con l’impurità spirituale.
L’Antico Testamento riserva un’ampia trattazione in merito a questa problematica e il libro del Levitico che ascoltiamo ce ne trasmette in parte l’insegnamento sui rimedi concreti e rituali da attuare in tali circostanze.
Intanto, il male della “pelle” infliggeva al colpito uno stato di impurità. Infatti, il compito di analizzare la piaga spettava al sacerdote che emetteva la diagnosi (tumore, lebbra, ulcera, …), proclamava lo stato di impurità dell’uomo, gli prescriveva l’isolamento ed una visita reiterata ogni 7 giorni. Il capitolo, di cui ascoltiamo solo pochi versetti, contiene una scrupolosa casistica delle malattie cutanee e il comune denominatore della loro osservazione è la “sentenza” di impurità o meno della persona malata.
Oltre all’inevitabile isolamento finalizzato all’interruzione del contagio, al malato incombeva il peso morale del senso di colpa. Anche Gesù ha a che fare con un lebbroso. L’episodio è narrato in modo geniale perché, pur nella semplicità e sinteticità con cui è esposto, presenta una persuasività e forza teologica che qualifica la fede di chi lo legge. Intanto del lebbroso è detto che “venne da Gesù”: questo presuppone che ha la consapevolezza che non sarà cacciato da Gesù pur trovandosi in uno stato di “impurità”. I lebbrosi vivevano infatti fuori dell’abitato, erano obbligati a velarsi il volto e a gridare – nelle immediate vicinanze di qualcuno – “impuro, impuro!” (Lv 13,45). Il malato infrange le regole, ma nello stesso tempo porta rispetto a Gesù perché non lo tocca e, anzi, con umiltà “si mise in ginocchio”.
Ma ancor più sorprendente è la richiesta: “se vuoi, puoi purificarmi!”. Il lebbroso possiede una fede illimitata nel potere taumaturgico di Gesù perché è certo che se Lui vuole, può restituirgli la salute!
Nello stesso tempo si abbandona al volere di Gesù perché a Lui lascia la decisione di sanarlo. Questo modo di proporsi del malato provoca la commozione del cuore (splanchnizo) di Gesù, la stessa che anche in altre occasioni muove Gesù ad esaudire le richieste e, in questo caso, anche ad andare contro le prescrizioni della tradizione che non consentiva il contatto con il malato di lebbra. Invece Gesù “tese la mano e lo toccò” e non solo lo guarisce, ma risponde alla sua richiesta (“se vuoi”) affermando con forza “lo voglio!”. Il lebbroso inoltre è conscio del fatto che il suo stato è legato al peccato per cui chiede la “purificazione” e Gesù purificandolo con la sola Sua parola (“Sii purificato!”) opera due prodigi perché restituisce sia la sanità del corpo che quella dello spirito con il conseguente reinserimento dell’ex impuro nella comunità. La purificazione di questo lebbroso ci mostra un Gesù che è pienamente osservante della religione del suo popolo perché, come voleva la Legge, invita l’uomo purificato a “mostrarsi al sacerdote e ad offrire per la sua purificazione”, ma nello stesso tempo Gesù è andato “contro” le prescrizioni perché ha toccato il lebbroso. “Ebbe compassione”: Gesù si lascia coinvolgere dalle povertà umane, dalla condizione di chi è ai margini e dai cuori umili.
L’amore è il parametro per saper distinguere fin dove è giusta l’osservanza della Legge e dove è bene dimostrare elasticità. E qual è il bene dell’altro? La rinuncia al peccato e la salvezza che viene da Gesù Cristo. Paolo ci illumina sul percorso da attuare. Scrivendo alla comunità di Corinto e dovendo esprimersi circa la liceità o meno della consumazione delle carni immolate agli idoli, Paolo propone di rinunciare all’idolatria superando questo pericolo con l’amore. Egli sa che nella comunità vi sono Ebrei osservanti, pagani e credenti in Cristo ancora “giovani”. Paolo cerca allora di sforzarsi “di piacere a tutti in tutto senza cercare il (suo) interesse, ma quello di molti, perché giungano alla salvezza”.
Non mostra cioè rigidità benché lui provenga da un ebraismo osservante (e così potrebbe “piacere a se stesso” imponendo l’osservanza), ma disponibilità a venire incontro a tutti e non lo fa per avere il compiacimento degli uomini, ma usa questa strategia per ottenere la salvezza altrui.
L’apostolo è consapevole della grandezza e indispensabilità della Legge, ma ritiene l’amore superiore a tutto. L’amore purifica, guarisce e riabilita e permette di asserire con il salmista “beato l’uomo a cui è rimessa la colpa e perdonato il peccato”! Questo ha operato Gesù provando compassione dell’uomo bisognoso di purificazione, così dice Paolo a noi di fare altrettanto cercando di essere “suoi imitatori così come lui lo è di Cristo”.
L’amore di Cristo sana e restituisce dignità a chi è consapevole di averla perduta e desidera riottenerla perché Lui può e vuole operare questo prodigio ridestando la gioia nel cuore.
Domenica è la festa della beata Speranza di Gesù, l’apostola che ogni giorno riceveva migliaia di persone testimoniando eroicamente l’Amore Misericordioso. Ha scritto a proposito: “Voglio amare tutti: buoni e cattivi. Il peccato no, Gesù mio! … ma il peccatore sì, perché si converta e ti ami” (El pan, 5,14).
PRIMA LETTURA
Dal Libro del Levitico 13,1-2.45-46
SALMO RESPONSORIALE
Salmo 31
SECONDA LETTURA
Dalla I Lettera ai Corinzi 10,31-11,1
VANGELO
Dal Vangelo di Marco 1,40-45