Nel mondo intero, a febbraio, si parla di san Valentino e dei fidanzati. Il primo vescovo di Terni, vissuto nei primi decenni del Trecento dopo Cristo, spese la sua vita per aiutare gli altri: guariva i malati, soccorreva i poveri, era attento ai bambini ed ebbe un’attenzione particolare ai giovani. I fidanzati che arrivano da ogni parte d’Italia – anche quest’anno numerosi, nonostante la neve e il gelo che ha impedito a molti di raggiungere Terni – ci mostrano il volto felice di un amore benedetto. Sono accompagnati dall’esempio di san Valentino che insegna la fiducia nella vita, il dovere del rispetto di sé e degli altri, lo spirito di sacrificio e di temperanza, la capacità di esaltare e difendere la qualità di un amore che liberi le migliori risorse umane e realizzi le attese profonde di ogni uomo e di ogni donna. Queste giovani coppie hanno intuito che l’amore, se è tale, è per sempre; hanno intuito che l’amore è ciò che più conta nella vita, anche in quella matrimoniale. Non sono ancora sposati ma desiderano fortemente che l’amore tra loro non finisca. Tutti sappiamo che l’amore è insidiato da tanti nemici: molti pensano che non esiste più una dimensione stabile e forte nella vita, che l’unica cosa che conta è il proprio io, i propri interessi, le proprie soddisfazioni. È un modo di pensare che sta avvelenando l’esistenza di tanti. La stessa crisi economica e sociale che stiamo attraversando trova la sua ragione ultima proprio in questa concezione individualistica della vita. Quando manca l’amore proliferano gli interessi di parte, quindi i conflitti, le violenze. Se si continua a pensare solo a se stessi, dimenticandosi degli altri, prevale sempre più la solitudine. Nella festa della Promessa che abbiamo celebrato domenica scorsa hanno assaporato le parole che si scambieranno nel giorno del matrimonio: “Io accolgo te come mia sposa, mio sposo, e prometto di esserti fedele sempre, nella buona e nella cattiva sorte, e di amarti e rispettarti per tutta la vita”. Non sono parole leggere, effimere, che passano come il vento. Sono parole che li uniranno per sempre facendone una cosa sola. In esse c’è un senso di stabilità che dà sicurezza: l’amore è più forte dei nostri umori e più saldo delle difficoltà che incontriamo. Dobbiamo riscoprire l’amore. Dobbiamo ripartire dall’amore. Dobbiamo ripraticare la lingua dell’amore. E tutto ciò si riscopre riscoprendo l’amore di Dio, l’amore come ne parla il Vangelo. L’amore cristiano è ciò che salva dalla solitudine. L’amore evangelico infatti spinge a pensare agli altri e non solo a se stessi, a interessarsi degli altri e non solo di se stessi, ad essere attenti agli altri e non solo a se stessi. È questo ha fatto Gesù che è venuto non per essere servito ma per servire e per dare la sua vita per gli altri. È questo l’amore che rende salda la vita. È questa la roccia su cui dobbiamo costruire la nostra esistenza, su cui costruire il matrimonio. E la roccia è l’amore cristiano che aiuta a pensare anche all’altro e quindi unisce. Possono venire i venti e le tempeste – e certamente vengono – ma questa casa regge. È fondata sulla roccia dell’amore che sgorga dalla Parola di Dio. Dobbiamo tutti riprendere a parlare la lingua dell’amore, riapprendere ad amare gli altri, ad aiutare gli uni gli altri, a dire parole di tenerezza, di amicizia, di fraternità. Come apprendere questa lingua? Qual è il manuale dell’amore? Il Vangelo. È su questo manuale che san Valentino apprese la lingua dell’amore. E Gesù ne è il maestro. Egli ha parlato la lingua dell’amore come nessun altro lo ha fatto, dalla nascita sino alla morte e alla risurrezione.
L’amore è per sempre
Parola di vescovo
AUTORE:
Vincenzo Paglia