Quest’anno la Quaresima e la Pasqua nella comunità diocesana perugino-pievese sono state dedicate all’affido familiare, esperienza che vede diverse famiglie impegnate nell’accogliere bambini e ragazzi anche con gravi malattie e handicap psicofisici. L’ultimo incontro della Caritas diocesana si è tenuto a San Fatucchio, ma nella Messa ‘in coena Domini’ l’Arcivescovo ha invitato al rito della lavanda dei piedi, in cattedrale, due famiglie con ragazzi in affido, che operano con la Caritas diocesana per portare avanti l’opera di sensibilizzazione di questa realtà. Gli incontri nelle zone pastorali, sempre molto affollati, hanno rivelato che c’è interesse verso questa possibilità e sono anche stati occasione per conoscere le esperienze diverse di famiglie che si sono aperte all’accoglienza di bambini. Tra le testimonianze c’è stata, a Passignano sul Trasimeno, quella della famiglia di Cecilia e Mariano Centomo. Oggi sono una comunità di tipo familiare, affiancati da una associazione, e si chiamano ‘L’arco’, ispirati dal salmo che paragona i figli a delle frecce: la famiglia è l’arco che li lancia nella vita. Oggi sono una realtà unica nel panorama regionale, ma l’inizio è stato semplice, spontaneo, simile a quello che molte altre famiglie possono aver sperimentato. ‘Un giorno ho visto i manifesti della campagna affidi della Provincia, erano gli anni ’90. Lo slogan era ‘Affidati ad un bambino’. Mi piacque, così tornata a casa chiedo a mio marito e alle figlie cosa ne pensavano di accogliere un bambino per un po’ di tempo in casa. Nessuna obiezione, anzi! Così entrò in casa il primo bambino, dieci anni fa’. Dopo di lui ne sono arrivati molti altri. Per una settimana, un mese, a intervalli, per un anno ‘ Vengono da situazioni diverse, spesso difficili e sofferte. Non si fidano ma ‘ti misurano, ti mettono alla prova in mille modi finchè non sentono che sono accolti e non giudicati e solo allora si aprono’ racconta Cecilia, con il suo modo di fare pieno di vita. Anche lei, però, arriva a sera stanca e anche sfinita, ma se le chiedi se ne vale la pena non ha incertezze nel rispondere sì. Perchè? ‘Perchè aprire la porta è sempre un vantaggio anche per te come persona perchè i bambini ti danno tanto. E poi oggi l’ultimo arrivato mi ha sorriso e mi è saltato in braccio! Non c’è diamante che valga come questo momento’. Chiedo se la loro è una scelta di fede e risponde ricordando che hanno cominciato ‘senza ragionarci troppo’. ‘È una scelta di fede nel senso che la fede ce l’hai dentro, hai una fiducia dentro. Semplicemente stavamo bene e volevamo condividere la nostra realtà familiare con chi non stava bene’. La loro è un’esperienza positiva su tutta la linea, soprattutto per Cecilia. E per le tre figlie? ‘Un giorno gliel’ho chiesto – risponde Cecilia – e la prima cosa che m’hanno detto è che essendo in più non gli sono stata addosso. Loro hanno imparato dall’esperienza quello che vale, hanno imparato che le difficoltà si superano e che l’amore di una madre non si divide, semmai si moltiplica’.
L’amore di una madre si può moltiplicare
Conclusi gli incontri della Caritas sull'affido
AUTORE:
Maria Rita Valli