L’amico perugino di don Primo Mazzolari

Nel 50'anniversario dalla scomparsa, un libro rivela il suo lungo epistolario con don Canzio Pizzoni

Il presente ricordo di don Mazzolari è dovuto ad una ragione specifica che ci riguarda da vicino ed è la quarantennale amicizia che egli ha avuto con un sacerdote illustre di Perugia, mons. Canzio Pizzoni. Lo scambio di lettere tra i due va dal 1918 al 1950, con periodi di intervallo tra l’una e l’altra. Sono state pubblicate soltanto le lettere scritte da don Primo, a cura dell’editrice La Locusta di Vicenza, diretta dal compianto Rienzo Colla recentemente scomparso. Le lettere si caratterizzano per una grande sensibilità e umanità. Potremmo dire che rivelano soprattutto il bisogno di amicizia che esprimono i due sacerdoti per qualche aspetto simili, accomunati da esperienze e soprattutto idee di grande libertà e spontaneità. Don Primo, parroco a Bozzolo e poi a Cicognara, si rivolge a don Canzio, parroco a Piscille nella periferia di Perugia, e gli promette di andarlo a trovare per riposarsi nella quiete della campagna umbra. Sembrano due guerrieri che si trovano insieme in momenti di riposo a raccontarsi storie di vita e battaglie culturali, di cui nelle lettere di don Primo si avvertono solo alcune rapide ma non trascurabili tracce. Le parole normalmente trasudano tristezza, angoscia, perplessità, dubbi, amarezze, sofferenze. Pur in poche righe si rivela tutto il genio di pensiero e di espressione di Mazzolari, la sua tensione morale e la profondità dei suoi sentimenti, che ha trasmesso per tutta la vita in ogni forma di comunicazione negli scritti e nelle parole. Era invitato a predicare in tante città d’Italia e dovunque riscuoteva grande successo. A questo proposito Giovanni XXIII, quando ricevette in udienza in Vaticano don Primo pochi mesi prima che morisse, lo accolse con la frase rimasta famosa: ‘Ecco la tromba dello Spirito santo nella valle padana’. Nelle lettere i toni sono diversi sommessi, appassionati e carichi di affetto. Mazzolari al fronteGiovane prete, don Primo aveva 25 anni quando è scoppiata la guerra e subito ne è stato colpito duramente con la perdita del fratello Peppino, avvenuta nel novembre del 1915. Ciò nonostante don Primo aveva già deciso di offrirsi volontario e chiese di essere mandato al fronte. Così nel 1918 fu destinato come cappellano militare a seguire le truppe italiane inviate sul fronte francese. Rimase nove mesi in Francia. Rientrato nel 1919 in Italia, ebbe altri incarichi nell’esercito, compreso quello di recuperare le salme dei caduti nella zona di Tolmino. Nel 1920 seguì un periodo di sei mesi trascorso in Alta Slesia insieme alle truppe italiane inviate per mantenere l’ordine in una zona che era stata forzatamente ceduta dalla Germania alla neonata Polonia. Tutte le testimonianze concordano nel raccontare dell’impegno e della passione umana con cui don Primo seguì in questi vari frangenti i suoi soldati, verso i quali esercitava un servizio pieno di affetto e dedizione. Nella lettera del 3 gennaio 1919, dopo aver detto la sua soddisfazione nel ministero pastorale tra i soldati, scrive: ‘Sono il commesso viaggiatore del’ bene (perdonami la presunzione!) e cammino. La settimana di Natale mi ha fiaccato, ma le consolazioni non mancano: Dio mi benedice in maniera singolare: mi fa la via così piana. Aggiungo subito che i soldati sono d’oro: ho per essi un’ammirazione che confina con l’adorazione’, mentre denuncia l’insensibilità e incomprensione da parte degli ufficiali. Dichiara con una specie di solennità ed enfasi che sa di profezia: ‘Io temo domani il debito enorme che pesa su noi classe dirigente, verso questi umili: temo il grido di giustizia che proromperà fatalmente da questi cuori se noi non sapremo mantenere fede a quelle supreme leggi di giustizia che abbiamo proclamato innanzi ad essi per persuaderli a morire’. Credo che questi pensieri, confessati ad un amico lontano che può comprendere e condividere, stiano all’origine del pensiero e dell’azione successiva di don Mazzolari di fronte alla società civile, alla politica, alla parrocchia e all’autorità ecclesiastica. Tutto il Mazzolari osannato o denigrato degli anni successivi ha la sue premesse nell’esperienza della guerra, che si ritrova in questa corrispondenza e che denota il profondo travaglio di un’anima grande e appassionata. Vocazione pacifistaDa qui nasce la sua vocazione pacifista che lo indurrà a scrivere: ‘La guerra non è soltanto una calamità, è un peccato. Cristianamente e logicamente la guerra non si regge’. Nel libro Il tempo di credere (requisito dal ministero della Cultura fascista) scrisse: ‘L’uomo si vanta di seminare la morte e di fare il deserto. La nostra grandezza la misuriamo con la morte! Facciamo concorrenza a Satana, in opposizione allo Spirito che fa vivere ogni cosa, che nasconde la vita in ogni più piccolo seme e la libertà nel cuore dell’ultimo uomo’ (cit. in Don Mazzolari e l’utopia della pace, di L. Guglielmoni e F. Negri, in Settimana 12 luglio 2009 / n. 27, p. 10, recensione del volume Scritti sulla pace e sulla guerra curato da Guido Formigoni e Massimo de Giuseppe, Edb, Bologna 2009, pp. 784, euro 48). Sempre nelle lettere a don Canzio si possono ravvisare quei caratteri della personalità di Mazzolari che in altre azioni e negli scritti si manifesteranno in maniera più diffusa. Una costante che sta alla base di ogni altro aspetto del personaggio è il suo essere ‘sacerdote’, che ‘ egli confessa ‘ lo ha guidato in tutte le sue scelte. Tale attaccamento e stima del sacerdozio lo ritroviamo in una lettera 2 febbario 1920, una lettera drammatica, nella quale parla del caso di un certo don Carletti, che sembra deciso a lasciare il sacerdozio senza che il vescovo faccia qualcosa di serio per trattenerlo. Don Primo dice: ‘Scrissi al vescovo scongiurandolo di allargare le braccia e di guardare soprattutto l’anima rimasta generosa e pura nell’oscuramento dell’intelletto. Fui presso l’amico, una due volte, piangendo, con la mia poca fede in mano, con tutto il mio affetto. Oh, se gli ricordai la responsabilità verso le anime che avevano guardato a lui e nelle quali il suo gesto irriflessivo avrebbe portato la distruzione! Egli parlava, parlava; ma io lo sentivo assente, non c’intendevamo più, non lo riconoscevo più… L’altra settimana lo trovai un po’ più vicino: ci siamo lasciati così: ambedue crediamo in Gesù Cristo e nella Chiesa. Tu vai fuori della Chiesa ‘ mi dici ‘ per meglio servirla: io, per meglio servirla, rimango’. E conclude rivolgendosi all’amico don Canzio: ‘Caro, caro, non sapevo che certi schianti facessero così male’ (pp. 22-23). L’amicizia con don Canzio è certamente profonda e di ciò Mazzolari gli è molto grato. Non possiamo dar conto di tutte le 25 lettere. Possiamo solo dire che da queste scaturisce anche una certa fotografia di don Canzio Pizzoni. Attento, discreto, confidenziale, partecipe della vicenda spirituale di Mazzolari, si può considerare simile a lui nella complessiva valutazione della storia religiosa e civile del suo tempo. Pizzoni è stato vicino non solo a Mazzolari, ma anche ad Ernesto Bonaiuti, che Mazzolari cita nella lettera n. 7 (p. 33) e altri personaggi che si sono trovati ai margini o fuori dei confini della Chiesa. La sua è stata una vicinanza serena, confidenziale fino al coinvolgimento e ad una certa complicità ideale soprattutto per le ragioni del cuore, più che per quelle della ragione teologica. Avendolo conosciuto e frequentato da vicino negli ultimi anni della sua vita, posso dire che don Canzio ha fatto sentire il calore dell’affetto umano e cristiano a persone che in quei tempi per motivi vari sentivano la Chiesa come una realtà fredda e lontana, incapace di aperture di credito alla buona fede e alla buona volontà di persone che non riuscivano a rimanere dentro lo spazio attribuito a tutti dall’alto. Elio BromuriBibliografia su un prete controcorrenteIl cinquantesimo anniversario della morte di don Primo Mazzolari (13 gennaio 1890 – 12 aprile 1959) ha riproposto in tutta la sua luce la figura di questo personaggio di cui non si è mai smesso di parlare. Egli ha dato una testimonianza del suo ministero presbiterale del tutto inedita e difforme dal cliché ordinario diffuso tra la gente. Un prete vero, obbediente fino in fondo, ma con idee controcorrente che lo portavano spesso su posizioni non facilmente componibili con la maggioranza del clero e della gerarchia ecclesiastica del suo tempo, e lo ponevano anche in contrasto con le autorità civili. Di lui più tardi Paolo VI dirà, quasi a scusare la gerarchia ecclesiastica che aveva preso posizioni severe nei confronti di Mazzolari: ‘Lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro’. Ripercorrere la sua avventura di uomo e di prete consente di ripassare le fasi della storia italiana dalla Prima guerra mondiale fino agli anni della ricostruzione del secondo dopoguerra. Dal punto di vista della storia ecclesiastica la vita di don Primo si snoda dal periodo di un conflitto che ha diviso i cattolici tra interventisti e neutralisti (si ricordi la famosa frase di Benedetto XV che nel 1915 definì la guerra ‘l’inutile strage’), alla storia complessa e discussa del rapporto con il fascismo, alla questione comunista. Faccio notare che l’anno della sua morte è lo stesso in cui Giovanni XXIII annuncia il Concilio (25 gennaio 1959), quando, possiamo dire, il tempo è maturo per una svolta epocale. Su Don Primo c’è un’ampia bibliografia ed ogni giorno vengono pubblicati nelle riviste cattoliche articoli che illustrano uno o l’altro degli aspetti di questa ricca e multiforme personalità, come risulta, tra l’altro, dal suo Diario, che comprende la prima parte della sua vita (Diario, Edb Bologna, vol. 1/1974, vol. 2/1984, a cura di Aldo Bergamaschi). Tra i saggi a lui dedicati ci piace citare quello di mons. Gualtiero Sigismondi, ora vescovo di Foligno: La Chiesa, un focolare che non conosce assenze. Storia del pensiero ecclesiologico di don Primo Mazzolari, che è la pubblicazione della tesi di laurea in teologia. Una raccolta di testimonianze sulla figura di don Primo come sacerdote è stata curata da Francesco Dorofatti (Primo Mazzolari, sacerdote, Èncora, Milano 2009).

AUTORE: (E. B.)