C’è un’abitudine, un po’ malevola, che serpeggia negli ambienti ecclesiali: quella che invita a leggere i documenti dei vescovi iniziando dalla fine. È nelle ultime pagine – si dice – che trovano collocazione le cose più concrete e interessanti. A voler applicare lo stesso criterio alla traccia di preparazione del Convegno di Verona bisogna andare anche oltre: all’allegato finale, che contiene la chiave di lettura dei temi posti all’attenzione della Chiesa italiana. ‘Spesso riconosciamo – vi si legge – che i luoghi della vita quotidiana sembrano usciti dall’agenda pastorale’. È anche per questo che i cristiani trovano difficoltà a collegare fede e vita. Il ricentrarsi dell”agenda’ ecclesiale sulle grandi aree dell’esistenza è proprio quello che il lavoro preparatorio nelle diocesi ha inteso fare, e che continuerà nelle giornate di Verona. Non c’è altra via per dare forma storica alla testimonianza cristiana. La scelta di mettere al centro le questioni del vissuto – gli affetti, il lavoro e la festa, la fragilità dell’esperienza umana, l’educazione e la comunicazione, la cittadinanza – si è rivelata felice: è soprattutto su questi ambiti che si soffermano i contributi inviati al Convegno, con ricchezza di prospettive e di proposte. All’analfabetismo affettivo di oggi, ad esempio, si risponde rendendo le parrocchie sempre più accoglienti, luogo di rapporti fraterni e ‘case dell’amicizia’: le relazioni tra le persone, quando sono ‘buone’, sono luogo di formazione e anche di evangelizzazione. Ugualmente fondamentale, nella vita personale e sociale, è l’esperienza del lavoro e della festa, sottoposte oggi a dinamiche che sembrano opporli in un conflitto insanabile. Anche la comunità cristiana – denunciano i contributi delle diocesi al convegno – rivela spesso una scarsa attenzione alle trasformazioni del lavoro e dei tempi di vita della gente. Salvaguardare la domenica, poi, è una questione decisiva: non tanto per difendere la religiosità, quanto la stessa qualità umana dell’esistenza. Altrettanto urgente appare la riproposta della dottrina sociale cristiana, in tutti i suoi aspetti. Anche l’esperienza della fragilità necessita oggi di essere evangelizzata. Dalla contemplazione del mistero della croce nasce il duplice impegno della Chiesa circa le molteplici fragilità: condivisione e profezia. Entrambe aprono il cuore delle persone alla speranza, che non siano il dolore e la morte ad avere l’ultima parola. Le iniziative ecclesiali in quest’ambito sono numerose; tra queste i contributi evidenziano il valore di annodare ‘reti di ordinaria prossimità’ tra famiglie, comunità, realtà associative. Un uomo senza fondamenta è quello che appare guardando all’oggi, dal punto di vista della trasmissione della fede e della cultura. Sembra crescere il disorientamento e la tentazione di chiudersi nel presente. I credenti non sono immuni da questi fenomeni – evidenzia la sintesi del cammino verso Verona: la trasmissione della fede pone la questione del testimone. E di un processo formativo permanente, capace di conciliare identità e dialogo. Infine, la cittadinanza. Un ambito che va dilatandosi, portando le persone a cerchi sempre più estesi di appartenenza e responsabilità. In questo campo, i nodi problematici derivano dall’individualismo, dall’eclissi della legalità e della partecipazione, da una concezione riduttiva della laicità della politica. È un nuovo ‘alfabeto sociale’ ciò di cui si sente il bisogno, e che deve vedere anche i credenti protagonisti, nell’attuale contesto pluralista, con il loro originale approccio allo sviluppo dell’uomo: di ogni uomo e di tutto l’uomo.
L’agenda della vita
AUTORE:
Ernesto Diaco