Quando si parla di acqua gli italiani registrano un altro primato: quello di maggiori consumatori al mondo di acqua minerale: 147 litri pro capite all’anno (stime 1997). Gli umbri sono sopra la media con 156 litri a testa ogni anno per un totale di 127 milioni di litri consumati in regione, con una spesa che non ha confronti con quanto si paga per l’acqua dell’acquedotto (che a volte è la stessa, o simile, che viene imbottigliata e ricomprata al supermercato). Tradotto in smaltimento dei rifiuti indica una “produzione” di 60 milioni di bottiglie in Pet, da smaltire in Umbria. Ma la nostra è anche una regione che produce acqua minerale, con dieci stabilimenti di cui due (Sangemini e Rocchetta) a livello nazionale. Un settore che produce un fatturato di svariati miliardi per i circa 442milioni di litri (pari a 442mila metri cubi di acqua) prodotti nel 1995, arrivati nel 2001, a più di 1100 milioni di litri, raddoppio dovuto soprattutto all’incremento di produzione dell’acqua Rocchetta di Gualdo Tadino. Le 10 società pagano alla Regione un canone di concessione rapportato alla superficie occupata, che nel 2001 ha portato nelle casse regionali circa 200milioni di Lire. Una cifra che è sempre stata giudicata irrisoria rispetto al fatturato delle aziende e contestata anche dagli abitanti e dai comuni delle zone interessate che si sentivano scippati da un bene che era e resta un bene pubblico. Nel 2001 è però intervenuta una sentenza della Corte Costituzionale che ha dato una svolta alla questione dichiarando legittima l’applicazione di un canone legato alla produzione, ovvero all’acqua prelevata dalla fonte e commercializzata.”La Regione dell’Umbria – commenta Andrea Monsignori, dirigente in Regione del settore Cave, miniere, acque minerali – è stata la prima Regione a istituire un canone di 1 Lira per litro prodotto, che nel 2002 farà incassare alla Regione 1miliardo e 300milioni di Lire” moltiplicando per sei il tributo riscosso. “Ci siamo tenuti bassi – continua Monsignori – perché c’è un problema di concorrenza. L’Umbria è la prima ad aver applicato il tributo e si dovrà vedere come agiranno le altre regioni e poi, possibilmente concordare una linea comune per non incidere sulla competitività delle aziende”. Gli stabilimenti di produzione delle acque minerali umbre pongono alcuni problemi alla popolazione.Anzitutto c’è chi si chiede se lo sfruttamento delle falde acquifere profonde possa pregiudicare le falde utilizzate per rifornire gli acquedotti. Ipotesi che Monsignori esclude. Le concessioni, al massimo trentennali, vengono rilasciate, spiega,su pozzi dopo aver effettuato “prove di portata” che escludono il pericolo. Altro disagio, avvertito sopratutto nelle zone dove sono gli stabilimenti che hanno grandi volumi di produzione, è dato dal transito di mezzi pesanti. L’acqua, infatti, viaggia su ruote, portando inquinamento e problemi di traffico che si fanno particolarmente pesanti nella zona di Gualdo Tadino e Nocera Umbra in cui si sta lavorando alla ricostruzione. Il settore impiega circa 500 addetti e, secondo le aziende, porterebbe ad un indotto occupazionale per rete commerciale e trasporto pari a dieci volte tanto.
L’acqua minerale fa concorrenza all’acquedotto
Umbri grandi consumatori di acqua in bottiglia
AUTORE:
M.R.V