Esattamente in ventiquattro, oltre i Vescovi, ci siamo riuniti il 30 settembre, presso l’abbazia dei Santi Felice e Mauro in Val di Narco. I numeri erano esigui, ma l’incontro, in qualche modo, è un evento. Vi erano i direttori della catechesi, del culto e delle Caritas di tutte e otto le Chiese sorelle dell’Umbria. La ragione del convegno è stata la comune volontà di riprendere a lavorare insieme. A convocarci era stato l’arcivescovo presidente della Ceu, mons. Giuseppe Chiaretti. All’ordine del giorno la proposta partita dal convegno di Lecce di dar vita anche in Umbria alla “pastorale integrata” tra le dimensioni dell’annunzio, della celebrazione e della testimonianza cristiana. Un unico Vangelo attraverso tre facce inscindibili di un unico prisma: un discorso sul metodo; ma ancor più una sorta di riconquista dell’identità della Chiesa, nella quale ogni differenziazione è solo funzionale allo studio, ma non esiste nella vita. Come nel corpo umano puoi considerare separatamente gli organi per capirli meglio, ma non li puoi dividere, se non vuoi far morire la persona. L’entusiasmo dei presenti, come anche la ricchezza delle idee proposte ha trasformato una riunione di lavoro in un evento di comunione. Più di una volta nel corso della giornata vari ‘addetti ai lavori’ ci hanno chiesto che i Vescovi prendano posizione: che non si lasci cadere nel vuoto la convergenza tra otto Chiese che riaffermano la loro fraternità: i presenti hanno espresso il desiderio che almeno ogni due mesi si torni a riunirci insieme, facendoci tutti pellegrini attraverso le varie diocesi dell’Umbria. Come Vescovo, credo doveroso leggere ciò che è avvenuto come un “Kairòs”, un evento dello Spirito, che ci chiama attraverso l’opinione pubblica delle nostre Chiese a costruire insieme, a lavorare insieme. La fase che le comunità ecclesiali dell’Umbria stanno attraversando è, per certi versi, delicata e complessa, ma anche piena di interesse e di novità. Ci è dato di vivere una sorta di alternanza generazionale nella quale molte cose cambiano; anche molti uomini nella Chiesa. Non cambia invece il fermento perenne che, dall’epoca dei martiri, tiene vive le nostre realtà. Ci è chiesto come pastori di leggere e interpretare il nuovo dello Spirito, quasi prescindendo dal nostro stesso stile e forse dai metodi che abbiamo adottato per tanto tempo. Il Papa aveva aperto l’Anno santo chiedendoci di aprire le porte a Cristo. Lo aveva chiuso raccomandandoci di non aver paura di andare al largo, di non temere l’alto mare: “Duc in altum”. Che vuol dire di non temere i percorsi non ancora noti. Sono convinto che se sapremo ricostruire tra di noi un’unità forte e significativa usciremo dalla palude infida dei timori e delle resistenze, tutte umane, al dono di Dio. Ma anche sapremo trovare il modo di dare risposte adeguate alla gente del nostro tempo, che anche in Umbria deve essere rievangelizzata. “Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia” non è solo il titolo della più recente nota pastorale dei Vescovi d’Italia; è anche una necessità sentita a vari livelli nelle nostre Chiese particolari che, sempre più frequentemente, mostrano la voglia che hanno di tornare ad essere organiche l’una all’altra, di rinunziare alla ricerca della propria affermazione, in cambio del favore di sedere insieme con gli altri al “banchetto delle nozze dell’Agnello” (Apoc. 19, 9). Questa fase di cambiamento storico è affidata alla prudenza di tutti, alla responsabilità delle persone sagge. Ma soprattutto deve avvenire sotto la guida dell’arcivescovo presidente della Ceu, che non solo presiede la più grande delle nostre Comunità, ma anche, a giudizio comune, ha tutte quelle caratteristiche che sono necessarie per favorire l’unità delle nostre Chiese umbre.
La voglia di lavorare insieme
AUTORE:
' Riccardo Fontana