Mentre i politici più sensibili fanno i primi tentativi di un dialogo più sereno, noi abbiamo il dovere di preoccuparci della situazione all’interno del mondo cattolico. Dando per scontata la conoscenza delle cause delle innegabili divisioni procuratesi o aggravatesi in questi ultimi mesi, formuliamo alcune considerazioni sulle quali non dovrebbe essere eccessivamente difficile riconoscersi tutti o, perlomeno, trovare un punto comune di riferimento. C’è però un indispensabile punto di partenza: mettere fra parentesi le scelte politiche e collocarsi direttamente sul piano della comune fede cattolica. Ripetuto che la diversità delle scelte politiche non deve né meravigliare né tanto meno scandalizzare, rimane assodato e pacifico che il vero cristiano è obbligato a maturare le sue scelte sulla base del pensiero sociale della Chiesa. Si intende parlare dell’ intero pensiero sociale della Chiesa, senza che a nessuno sia concessa l’autorizzazione di fare le scelte che, per qualsiasi motivo, egli ritiene opportune. Quando si è parlato del decalogo dimezzato, questo esattamente si voleva dire. La dottrina sociale della Chiesa è un pensiero organico, strutturato, sistematico, armonico, costruito intorno al primato e alla centralità della persona umana. Un organismo vivente che va accettato in tutte le sue componenti. Ogni ferita rischia di essere mortale. La Chiesa per definizione non sta da nessuna parte, concentrata com’è su un pensiero che i secoli le hanno tramandato e che, solo nella sua interezza, diventa autentico mezzo di evangelizzazione. Sta qui la ragione basilare del disaccordo profondo fra le due correnti di pensiero che da tempo si stanno scontrando all’interno della comunità cristiana. Non si può esaltare la famiglia e insieme dimenticare le povertà, le ingiustizie, le sperequazioni che esistono nel mondo vicino e lontano. Ugualmente, non si possono scorporare problemi scottanti come quelli della guerra, della fame, della disoccupazione da quelli altrettanto fondamentali della vita, della bioetica, della salvaguardia del creato. Il criterio determinante è appunto l’uomo, cioè, secondo Paolo VI, tutto l’uomo e tutti gli uomini. La stella polare è il bene comune, e non quello personale, del proprio gruppo, della propria classe. Se si guarda la realtà da questo punto di vista, sarà anche facile trovare posizioni giuste per quanto riguarda una questione che per la seconda volta sembra aver giocato un ruolo determinante nella competizione elettorale: il pagamento delle tasse. Le quali non sono da considerarsi una punizione dalla quale guardarsi con tutti i mezzi, ma il modo normale per sovvenzionare i servizi pubblici e realizzare un minimo di giustizia fra tutti i componenti del corpo sociale. Tassazione giusta, cioè estesa a tutti, senza privilegi di sorta, e progressiva. Agire diversamente è immorale. La lotta sociale è per massima parte una questione di egoismo e di solidarietà. Inutile dire da quale parte deve stare il cristiano. Se si è convinti di questo, specialmente nel tempo del bipolarismo, la scelta di una parte sarà difficilmente pacifica e totale. Scelta del male minore, si è detto: ciò che può andare anche bene. Con l’impegno però di non assoggettarsi supinamente alle idee e alla scelte che vengono propinate, qualunque esse siano, ma con una riserva critica che impegna a contestare anche i programmi e i comportamenti della parte prescelta. Il cristiano è destinato a rimanere un compagno scomodo, una spina collocata nel fianco anche di coloro che gli sono vicini. Salvo errori, sono queste le vie della riconciliazione o della ricomposizione dell’area cattolica, come si diceva una volta. Può darsi che qualcuno pensi ad altre strade. Con ogni probabilità, però, egli è destinato, a rimanere deluso.
La via della riconciliazione
AUTORE:
Giordano Frosini