La Commissione per la pastorale sociale e il lavoro della Conferenza episcopale umbra, presieduta dal vescovo di Terni mons. Vincenzo Paglia, è l’organismo al quale, insieme alla Caritas regionale, fa capo il progetto del ‘Fondo di solidarietà delle Chiese umbre’ voluto per sostenere quelle famiglie che a causa della crisi si trovano in particolare stato di difficoltà. Il Progetto è illustrato nella Nota pastorale ‘Le Chiese umbre di fronte alla crisi’, pubblicato nell’ultimo numero di questo giornale. Con mons. Paglia abbiamo approfondito alcuni aspetti di questo progetto che vede uniti i vescovi delle otto diocesi della regione. Mons. Paglia, come è nata l’idea di costituire un fondo di solidarietà delle otto diocesi umbre? ‘Nasce dalla costatazione della gravità della crisi economica che mette a rischio la vita di non pochi soggetti, in particolare lavoratori. Penso ai precari oppure a coloro che non hanno gli ammortizzatori sociali, e in Umbria sono moltissimi. Di fronte a questa emergenza, anche vedendo le iniziative di altre diocesi, anche noi abbiamo voluto dare il nostro contributo, non come singole diocesi, – e questa è la particolarità dell’Umbria – ma come intera Conferenza episcopale. È il segno di quella fraternità tra le diocesi umbre che vale la pena sottolineare e incrementare’. Chiedo anche a lei, come a mons. Fontana, come definirebbe questa iniziativa: di carità o di giustizia? ‘Questa contrapposizione tra carità e giustizia deve essere per certi versi attenuata. Certamente la giustizia è un compito arduo, grave, importante, che riguarda tutti. Ma anche la carità può venire in soccorso quando ci sono emergenze particolari. Non c’è dubbio che se alle istituzioni civili e politiche viene chiesta una presenza sulla via della giustizia, per la Chiesa è d’obbligo incamminarsi sulla via della carità. E direi che questo Fondo è saldamente ancorato sulla via dell’amore, che è propria della Chiesa. Nello stesso tempo questo gesto ha avuto un’accoglienza davvero straordinaria da parte di tutte le istituzioni, le quali camminano sulla via della giustizia anche per venire incontro a queste situazioni che si stanno verificando’. La Nota precisa che questo intervento della Chiesa viene offerto in una logica di sussidiarietà ”In questo senso la Chiesa si pone secondo la tradizione della sussidiarietà propria della dottrina sociale della Chiesa, nella quale c’è la concezione di una società intesa in maniera organica, non fatta di compartimenti stagni né di indifferenza, ma nella quale ciascuno nel posto che occupa è chiamato ad aiutare chiunque abbia bisogno. Questo Fondo ovviamente non annulla tutta l’attività assistenziale caritativa che normalmente la Chiesa svolge nelle parrocchie e nelle comunità. È un Fondo particolare e sarà limitato a questo momento di crisi. Tutto il resto continua come sempre è accaduto’. Nella Nota si invitano le persone a cambiare gli stili di vita nel senso della sobrietà. Vale anche per le strutture e i soggetti economici? ‘Ovviamente questo gesto di carità incrocia un’altra prospettiva, che è quella che richiede a tutti noi un cambiamento di stile di vita e una maggiore sobrietà. Anche perché l’eccesso di subalternità al guadagno a qualsiasi costo, l’eccesso di una finanza che non rispetta né le sue regole interne né quelle esterne, questi eccessi richiedono a tutti noi un riequilibrio delle modalità della nostra vita, dei bisogni, delle prospettive ed anche ‘ e questo è il terzo effetto – di una crescita di solidarietà tra tutti. In questo senso viviamo un tempo opportuno perché tutti siamo chiamati ad una vita più sobria e io mi auguro che cresca anche una sensibilità solidale tra tutti. Dobbiamo vincere la tentazione di rinchiudersi ciascuno nel proprio ambito e soprattutto dobbiamo capire che la solidarietà è molto più bella, è molto più utile, di una vita vissuta ciascuno per conto proprio’. Non teme che a forza di parlare di crisi si possa ingenerare una psicosi che non corrisponde alla reale situazione? ‘Il momento che stiamo attraversando non c’è dubbio che sia di grande crisi, tuttavia è evidente che non dobbiamo rassegnarci a questa situazione, fondati su una speranza che si alimenta anche per questa solidarietà. In questo senso piangere non serve, semmai è importante che tutti ci rimbocchiamo le maniche sia sul versante della carità, sia sul versante della giustizia perché riprenda il lavoro, riprendano le imprese, riprenda lo sviluppo perché questa è la via maestra per superare questa crisi’. Lei ha materialmente consegnato il suo stipendio di vescovo a mons. Fontana, in conferenza stampa. Perchè questo gesto? ‘L’ho fatto per rispondere ad una domanda troppo teorica, per far capire che la via che dobbiamo intraprendere è la via dei gesti concreti. Lo stipendio di un mese da parte di ogni vescovo – tutti lo abbiamo accettato – vuol indicare la via di questo fondo, che è fatta di doni concreti. Ciascuno è interpellato a fare un gesto secondo la misura che deciderà per se stesso, ma che nessuno si sottragga a offrire il suo contributo, piccolo, medio, grande che sia, per aiutare coloro che in questo tempo saranno particolarmente colpiti dalla crisi’. Maria Rita ValliElisabetta Lomoro