La spesa per i servizi socio-assistenziali in Italia si attesta (secondo un indice convenzionale concordato in sede di Organizzazione mondiale della Sanità) intorno al 6%, contro l’11/12 % di Usa e Gran Bretagna. Siamo indietro, ma stiamo recuperando: la spesa per i servizi socio-assistenziali in Italia è cresciuta del 52% negli ultimi 4 anni. Meno di tutti ha speso la Calabria (51 euro pro-capite), al top il Friuli Venezia Giulia (171 euro). Panoramica: “Si assiste alla privatizzazione del sistema della sanità”. Sono questi tre i dati portanti del Rapporto Istat 2003.
Tre dati veri e potenzialmente entusiasmanti, se non fosse per i tre “ma” che, con la puntualità del cucù a mezzanotte, s’insediano nei circuiti cerebrali di chi ha un minimo di esperienza dei raggiri ai quali, dietro i dati più seri in sé e incoraggianti, i poveri sono esposti da parte dei padroni del vapore, anche in pieno Stato sociale. + 52% in quattro anni: perbacco, un monton de dinero direbbe P. Jaime Alvarez! Ma che fine ha fatto quel monton de dinero? A questa domanda può rispondere anche chi di queste cose non sa nulla; a occhi chiusi, senza il benché minimo rischio di incocciare il primo spigolo; con la mano sul fuoco, senza il benché minimo pericolo di fare la fine di Muzio Scevola: la gran parte di quei miliardi è stata impegnata per assumere nuovo personale.
Per il nostro Welfare le cose vanno bene quando il personale cresce di numero. Non conta se il servizio funziona come un orologio o arranca pietosamente: il numero degli addetti è un “a priori” giustificativo, la qualità della loro prestazione è una variabile indipendente, non esiste un parametro oggettivo che la valuti. Secondo “ma”. Che tipo di futuro ipotizza l’enorme scompenso (171 contro 51) che, in tema di spesa sociale si registra fra regione e regione? Quando andrà a regime la devolution voluta dalla Lega: v’immaginate che fine faranno le vaghe stelle dell’Orsa che in Calabria luccicano lontane e vengono ugualmente chiamate “Stato sociale”?
In un dépliant che reclamizza la Calabria una bella ragazza sfoggia un sorriso bellissimo: quel dato è una cannonata sulle sue gengive perfette. Panoramica: “Si assiste alla privatizzazione del sistema della sanità”. Il “ma”più grosso. Spiacente per l’Istat, ma la notizia è equivoca e tendenziosa. Se è il privato speculativo che cresce, e riduce anche la sanità ad un mercato, il neoliberismo trionfante farà polpette delle attese delle fasce deboli, anche su questo versante. Se invece a crescere è il privato sociale, quello che, pur dovendo realizzare la sanità della gestione economica, non trova la sua ragion d’essere nell’utile di bilancio, ma nella solidarietà come visione di fondo della vita e autorealizzazione di chi la pratica, allora è tutt’altra cosa. Le recenti vicende dell’Acradu lo confermano. Come si vede, tre dati veri non fanno la verità di una situazione.