Quando Papa Francesco ha inaugurato l’Anno giubilare della Misericordia, ha chiesto alle comunità cristiane e a ogni battezzato di vivere una grande immersione nell’infinita tenerezza di Dio, per aprirsi alle periferie esistenziali e per riscoprire la Chiesa come madre che si fa carico di quanti soffrono o sono feriti nel corpo e nello spirito: “In questo Anno santo, potremo fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali. In questo Giubileo la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta”. Il Papa invita a una pedagogia di tenerezza; una pedagogia che richiede occhi che amano. Dicevano gli antichi teologi: ubi amor, ibi oculus, “dove regna l’amore, lì vi è uno sguardo” che sa andare oltre l’immediato e amare con il cuore.
Un concetto espresso da Saint-Exupéry nel Piccolo principe: “‘Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi, lo si vede solo con gli occhi del cuore’. ‘L’essenziale è invisibile agli occhi’, ripetè il piccolo principe, per ricordarselo”. La fede in Dio-Tenerezza impedisce di fare del cristianesimo una sorta di rifugio intimistico: credere è sentirsi chiamati a farsi tenerezza per chi è nel bisogno. L’Anno della Misericordia rappresenta un’occasione preziosa per orientare i nostri sguardi e i nostri cuori verso le tante situazioni di dolore o di ingiustizia.
Credere è mettersi dalla parte di Dio per soccorrere i volti della fragilità umana presenti nel nostro tempo. Vi sono i vecchi e i nuovi poveri, come notava lo stesso Papa Francesco nell’esortazione Evangelii gaudium: “È indispensabile prestare attenzione per essere vicini alle nuove forme di povertà e di fragilità in cui siamo chiamati a riconoscere Cristo sofferente: i senzatetto, i tossicodipendenti, i rifugiati, i popoli indigeni, gli anziani sempre più soli e abbandonati, verso una Chiesa senza frontiere che si senta madre di tutti”. In questo itinerario non si possono dimenticare le fragilità che riguardano le coppie e le famiglia: dalla difficoltà del lavoro alle divisioni interne e alle crisi coniugali, fino alle separazioni. Dalla famiglia dipende il futuro della società. Se si ammala la famiglia – la famiglia voluta da Dio e fondata sulla relazione di amore di un uomo e di una donna -, si ammala la società.
La famiglia è la prima comunità di vita e di amore, il primo spazio in cui si diventa persone e si impara ad amare. Quanto la famiglia non svolge il suo compito, non c’è da meravigliarsi se si verificano quei fenomeni preoccupanti che sono davanti agli occhi di tutti: violenze tra coniugi fino all’uccisione di uno dei due; violenze verso i bambini in tutte le loro forme; adolescenti anoressiche o bulimiche; figli disadattati, insicuri e incapaci di formare un famiglia stabile, giovani che si danno allo sballo o al bullismo, e così via. Il Centro familiare della Tenerezza, avvertendo il dramma di queste situazioni e individuando l’origine di gran parte di questi fenomeni nei vuoti di famiglia, sta operando per promuovere un rinnovata pastorale della famiglia, con “scuole di tenerezza” per i fidanzati e per le giovani coppie, fine settimana per sposi e famiglia, incontri con coniugi soli o separati, percorsi specifici per coppie in crisi. Ogni mese sono posti in atto più di 100 colloqui con gli sposi in difficoltà.
Nei tredici anni da cui esiste, il Centro ha visto risorgere oltre il 60% della coppie in crisi che ha seguito. Cogliendo l’invito di Papa Francesco, tutti siamo invitati a operare con tenerezza per il bene delle persone e della famiglia: “Come desidero che gli anni a venire siano intrisi di misericordia per andare incontro a ogni persona portando la bontà e la tenerezza di Dio! A tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia come segno del regno di Dio già presente in mezzo a noi”.