“Venanzio Gabriotti: chi era costui?”. Chissà quanti turisti si saranno posti una simile domanda leggendo, col naso all’insù, la targa posta nell’omonima piazza, ove si affacciano il palazzo comunale e la cattedrale. Una simile domanda non dovrebbero porsela i tifernati e gli altotiberini in genere, per i quali il nome di questo martire della resistenza dovrebbe essere familiare. Nel 60’anniversario della sua atroce fucilazione, non sarà comunque inutile richiamarne alla memoria la vita e le gesta. Venazio Gabriotti nacque a Città di Castello il 26 aprile 1883 da una modesta famiglia di artigiani. Frequentò la scuola tecnica comunale e partecipò attivamente al movimento cooperativo cattolico occupando posti di responsabilità prima in Romagna ed in seguito a Roma. Volontario nella prima guerra mondiale, si distinse per il suo coraggio, tanto da meritare durante il conflitto due medaglie d’argento, due di bronzo e una croce di guerra al valor militare. Collocato in congedo, Gabriotti tornò a Città di Castello e fu chiamato a ricoprire la carica di sub-economo dei benefici vaticani, carica che ricoprì fino a che, per effetto dei Patti lateranensi, gli stessi non furono aboliti. Passò quindi all’amministrazione dei beni ecclesiastici. Nel periodo tra le due guerre, visse anche un’intensa vita pubblica: presidente della locale sezione mutilati e invalidi di guerra, organizzatore del sindacato cattolici e co-fondatore del Partito popolare, di cui divenne segretario provinciale. Punto di riferimento degli antifascisti per tutto il Ventennio, subito dopo l’armistizio, partecipò al movimento di liberazione organizzando formazioni partigiane. Catturato dai fascisti alla fine dell’aprile del 1944, per alcuni giorni fu sottoposto a stringenti interrogatori, senza nulla rivelare sull’organizzazione della Resistenza, e condannato a morte nonostante l’interessamento personale del vescovo Cipriani. La mattina del 9 maggio fu condotto sul luogo dell’esecuzione: il greto del torrente Scatorbia, nei pressi del molino Serafini. Gli furono negati persino i conforti religiosi (da lui espressamente richiesti) ed una raffica di fucile alla schiena pose fine alla sua vita. Ma non alle sue idee di democrazia e di libertà. Il 22 luglio di quello stesso 1944, la città fu liberata. La serie di manifestazioni ed eventi di cui riferiamo nell’articolo sottostante, ha proprio lo scopo di non dimenticare l’esempio di Gabriotti e degli altri che ci hanno conquistato la libertà.