La sfida dei matrimoni ‘misti’: che la religione non sia ostacolo all’amore

Al dibattito proposto dal Cif il richiamo a una maggiore conoscenza

Dei matrimoni ‘misti’ si è discusso martedì 27 maggio a Perugia nel corso di un incontro – dibattito promosso dal Centro italiano femminile (Cif) di Perugia. ‘La discussione su un tema tanto delicato’, spiega Eliana Petrozzi presidente dell’Unione giuristi cattolici sezione di Perugia, ‘quale può essere sul matrimonio fra due persone appartenenti a culture diverse, ad esempio un musulmano e una cattolica, dove le rispettive concezioni della vita e del mondo spesso entrano in contrasto fra di loro, nasce da un’esigenza fondamentale: far sapere alla gente’. Sono molti i casi, infatti, sconosciuti all’opinione pubblica, di donne cattoliche che, una volta abbandonate dai mariti musulmani, sono messe in condizioni di non poter più vedere i figli, in conseguenza di una concezione del diritto islamico secondo cui dopo il matrimonio moglie e figli sono considerati proprietà del marito. Ma, tante volte, ciò è anche il frutto di ignoranza riguardo a ciò che il matrimonio fra due culture diverse può comportare, diritti compresi. ‘Dopo l’11 settembre 2001’, afferma mons. Elio Bromuri, responsabile del Centro ecumenico di Perugia, ‘si è assistito a un appesantimento del clima nei rapporti con il mondo islamico. Vi è stata come una chiusura e un rifiuto di ogni dialogo. L’apertura al diverso sembrava non avere più senso. La Chiesa, tuttavia, è sempre stata promotrice di dialogo con il mondo islamico e di collaborazione fra le diverse religioni. Oggi il matrimonio va analizzato in una società globalizzata, dove non ci sono più distanze geografiche, e vanno mescolandosi differenze etniche o linguistiche’. La globalizzazione mette a prova solidarietà, fratellanza, amore, religione, e potrebbe rappresentare un ostacolo in quanto, proprio attraverso la diversità di concezioni, le religioni cercano di tutelare la propria identità e di salvaguardare dalla dispersione i propri fedeli. ‘Io penso – continua mons. Bromuri – che le religioni, pur mantenendo la propria identità, possano collaborare perché alla base di ogni credo vi è la fede comune nella fraternità, nella solidarietà e perché ogni religione è l’esaltazione di ciò che di più umano vi è nell’uomo. La nostra sfida dei matrimoni misti è l’esaltazione del fatto che le differenze religiose non dovrebbero costituire un ostacolo all’amore’. ‘Dal punto di vista giuridico’, spiega Marco Canonico, docente di diritto ecclesiastico, ‘il matrimonio è un diritto naturale riconosciuto a tutti. Prescinde, quindi, dalla religione professata’. Il diritto ecclesiastico è percorso da regole che riguardano il matrimonio misto. Sono gli apostoli stessi a sconsigliarlo: san Paolo, nella prima lettera ai Corinzi scrive che le vedove possono sposare chi vogliono ‘purché nel Signore’; nella seconda lettera scrive ‘Che cosa ha da condividere il fedele con l’infedele?’. Nell’ambito dei matrimoni misti’, continua Canonico, ‘bisogna fare una differenza fra il matrimonio contratto fra un battezzato e un non battezzato (disparitas cultus), e quello tra due battezzati appartenenti a chiese diverse (mixta religio). Il Codice del 1983, ha ricordato Canonico, stabilisce che il matrimonio fra battezzati appartenenti a Chiese diverse non è impedito, ma sono previsti alcuni limiti di natura disciplinare, compreso il fatto che la stessa celebrazione non può essere presieduta da due ministri sacri. E’ necessaria, ha concluso Canonico, ‘una maggiore informazione per la gente su ciò che un matrimonio misto comporta, non soltanto per se stessi, ma anche per l’eventuale prole’.

AUTORE: Concetta Desando