I recenti fatti di cronaca, riferiti come “malasanità”, riguardanti in particolare l’ostetricia, mi offrono l’occasione per riprendere una riflessione fatta sul nostro settimanale nel 1992 sulla riorganizzazione della rete ospedaliera in Umbria. Quando, cercando di mettere un po’ di ordine tra i ritagli di giornale, mi è capitato tra le mani l’articolo citato mi son detto non è cambiato proprio nulla in questi 18 anni, anzi potremmo dire che la situazione si è aggravata senza che i responsabili della Sanità regionale che si sono succeduti abbiano cercato di razionalizzare con intelligenza. Il punto da cui sono partito sono i gravi fatti di cronaca che hanno funestato momenti che in genere sono di immensa gioia, di meraviglioso stupore, di festa familiare: la nascita di uno o più figli! Intendo limitare la mia analisi e riflessione all’ostetricia, in quanto penso di avere la competenza necessaria e l’esperienza di più di 32 anni di servizio in un reparto di Ostetricia che non ha avuto nulla da invidiare ad altri reparti della regione e non solo. Uno dei fatti di cronaca ci fa capire chiaramente che il reparto di Ostetricia ( o la clinica privata in quel caso) sotto casa o a due passi da casa non è nel 2010 il posto migliore, più sicuro per la donna e per il bambino dove andare a partorire, specialmente per chi ha già fatto due tagli cesarei. Il ministero della Sanità aveva da molti anni invitato le Regioni a chiudere i reparti di Ostetricia con meno di 500 parti all’anno, ma qui in Umbria in questi anni, oltre a mantenere in vita i reparti esistenti, se ne sono costruiti di nuovi! È indubbio che un ospedale in un Comune rappresenti una significativa fonte di lavoro non solo per i dipendenti dell’ospedale, ma anche per i commercianti ed i servizi ad esso vicini, oltre che la possibilità per i politici di sistemare più “amici” nei posti apicali (primari, direttori sanitari…) e di gestire l’acquisto di attrezzature, ma lo scopo primo di un servizio ospedaliero è quello di offrire una risposta di salute sicura secondo gli standard oggi possibili in un Paese avanzato come il nostro. Faccio un esempio nell’Asl 3 che conosco meglio: esistono due punti nascita. Anche il più miope degli osservatori si può rendere conto della differenza di offerta e di garanzie che da decenni esiste tra i due reparti. Perché, allora, mantenere questo stato di cose, quando si può offrire a tutta la popolazione dell’Asl 3 un’assistenza ostetrica ancora migliore all’esistente, unificando i due punti nascita? Ciò comporterebbe il potenziamento dell’organico, per cui il personale di entrambi i reparti non sarebbe più costretto a fare turni logoranti accumulando ferie ed ore da recuperare; si potrebbe finalmente fare il turno doppio di guardia 24/24 ore consentendo di intervenire in caso di taglio cesareo urgente, immediatamente, senza dover chiamare ed attendere l’arrivo del personale in pronta disponibilità. Tutto questo può avvenire senza ulteriori spese, anzi risparmiando; e con le risorse risparmiate si potrebbe potenziare tutto il servizio ospedaliero con la guardia anestesiologica 24/24 ore tutti i giorni e con il potenziamento della radiologia interventistica per poter contare tutti i giorni 24/24 ore della possibilità di avere nei casi a rischio nell’équipe e nelle emergenze un collega che prontamente proceda ad una embolizzazione arteriosa quando metrorragie imponenti – che purtroppo in ostetricia possono verificarsi improvvisamente ed anche senza preavviso – non sono risolvibili con terapie mediche ed altre manovre ostetriche. Io credo che l’assessore Riommi e la presidente Marini non possano ulteriormente rimandare questa razionalizzazione: sono all’inizio della legislatura ed hanno tutto il tempo necessario per far comprendere e far sperimentare alle popolazioni interessate – organizzando una rete di trasporto adeguata per raggiungere in brevissimo tempo in caso di urgenza il reparto più adeguato a rispondere ai bisogni sanitari dell’utente – che quello che fanno è per offrire a tutti le stesse opportunità di essere assistite nel modo migliore oggi possibile nella nostra Umbria. E non è escluso che – se lo si voglia – razionalizzando anche l’offerta dei servizi ambulatoriali, possa essere più pronta e rispondente ai bisogni della popolazione.
La Sanità in Umbria potrebbe risparmiare, e funzionare meglio
Il ministero della Sanità aveva da molti anni invitato le Regioni a chiudere i reparti di Ostetricia con meno di 500 parti all’anno, ma qui in Umbria in questi anni, oltre a mantenere in vita i repart
AUTORE:
Angelo Francesco Filardo