La povertà in Umbria si fa sempre più “immateriale”

Dalla collaborazione tra Chiesa e Regione il Secondo Rapporto sulle povertà

Quanti sono e perché sono poveri gli umbri? A queste domande, e ad altre, risponde il “Secondo rapporto sulle povertà”, che arriva a quasi quattro anni dal primo, pubblicato nel 1997. La presentazione del lavoro, raccolto in un volume, verrà fatta martedì 9 ottobre presso l’Istituto teologico di Assisi (ore 9 – 18) nel corso di una giornata di studio in cui si cercherà di mettere a fuoco il problema (nella mattinata) e si discuterà anche delle azioni politiche di intervento contro la povertà messe in campo dalla Regione dell’Umbria (nel pomeriggio). Dovremmo ora dare subito “i numeri” della povertà: quanti sono, quale è il loro reddito, dove vivono, che età hanno e così via. Bisogna però precisare che sono numeri “indicativi” nel senso che forniscono delle indicazioni sulla realtà senza riuscire a descriverla per intero. Perché? E’ un problema di metodo, che anche i non addetti ai lavori possono intuire se solo provano a definire la persona o la famiglia povera. Un problema che i ricercatori dell’Irres non hanno ignorato tanto da dedicare un capitolo al problema della definizione sociologica e statistica del concetto di povertà e, soprattutto, cercando di offrire “numeri” su diversi aspetti della povertà. Un capitolo è dedicato all’analisi delle 284mila famiglie umbre, sulla base dei dati statistici dal 1987 al 1996. In questi dieci anni le famiglie povere sono diminuite: da 48mila a 15mila (5,3%); sono diminuite anche le famiglie molto povere: da 23mila a 3mila (1,1%) e quelle a rischio di povertà (da 31mila a 21mila). Quest’ultimo dato evidenzia, affermano i ricercatori, che le politiche economiche e sociali sono state meno efficaci per le famiglie a rischio di povertà vista la minore diminuzione, e che le famiglie più povere sono prevalentemente formate da anziani che vivono soli ed in zone rurali. Un secondo capitolo della ricerca è dedicato agli utenti Caritas, ed è la parte più “fresca” in quanto i dati sono relativi alle persone che nel 2000 si sono rivolti ai servizi delle caritas delle otto diocesi umbre. Attraverso questi dati l’Irres ha affrontato lo studio delle persone “molto povere”, quelle che non hanno più risorse proprie né famiglia né servizi sociali cui rivolgersi. E’ la parte forse più umana della ricerca perché a differenza dei dati Istat i “numeri” forniti dai Centri di ascolto delle Caritas diocesane fanno sempre riferimento a delle persone concrete di cui gli operatori conoscono nome, volto, storia, dolore e disperazione. Anzitutto occorre spazzare via l’idea che alla Caritas si rivolgono solo gli stranieri. Non è così: gli italiani sono il 40%, non pochi, anche perché molti non risultano in quanto seguiti dalle Caritas parrocchiali. La differenza tra italiani e stranieri è che i primi sono in prevalenza anziani, hanno la licenza elementare o poco più, hanno una famiglia ed una casa, mentre i secondi sono in prevalenza giovani, anche diplomati, ma non hanno un lavoro stabile né casa né famiglia. Gli utenti Caritas in genere richiedono lavoro, casa, vestiario, cibo. Nel volume del “Secondo rapporto sulle povertà in Umbria” sono presentati anche i risultati di ricerche settoriali: sulla emergenza lavoro (attraverso i dati delle caritas di Perugia e Terni); su povertà e terremoto (presentata nel ’99 a due anni dal sisma); sui giovani in stato di povertà. Una attenzione particolare va posta sul tema dei giovani, indagine effettuata attraverso il metodo delle interviste a persone che per il loro ruolo hanno a che fare quotidianamente con loro (da insegnanti a operatori di cooperative sociali a parroci e tanti altri). E’ in questo capitolo che appare più evidente e preoccupante il problema delle povertà immateriali, cioè non misurabili con il reddito o con la presenza in casa di tv, lavatrice e acqua calda. “Le povertà immateriali – commenta mons.Sergio Goretti, presidente della Conferenza episcopale umbra – è da presumere che cresceranno di fronte ad una società sempre più esigente e complessa. La povertà di senso può essere nascosta nei momenti spensierati e prosperi, ma riemerge con forza di fronte alle difficoltà e alle responsabilità da assumere”.

AUTORE: MariaRita Valli