La porta è l’immagine scelta da Papa Benedetto per indire l’Anno della fede che inizia il prossimo 11 ottobre in occasione del 50º anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II.
La porta consente di entrare nell’intimità familiare della casa e, in senso figurato, nello spazio segreto del cuore (“Il Signore aprì il cuore di Lidia”: At 16,14). Attraverso la porta possiamo uscire per compiere le nostre attività e relazionarci con il mondo esterno.
Più volte al giorno noi entriamo e usciamo dalla porta di casa, aprendola e chiudendola. È un passaggio obbligato della nostra vita quotidiana.
Ciò vale anche per l’esperienza cristiana. Gesù afferma: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (Gv 10,7). E l’Apocalisse con una stupenda immagine ci presenta il Signore che sta alla nostra porta e bussa: “Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Apoc 3,20). La porta, in senso spirituale, richiama dunque il duplice e continuo movimento: quello dell’intimità amicale con il Padre per Cristo nello Spirito, e quello della comunione fraterna che si apre alla missione evangelizzatrice. Richiama la bellezza e la responsabilità della fede che chiama in causa l’uomo nel rapporto con se stesso e con l’altro / Altro.
La fede professata accoglie i contenuti del credo (fides quae). La fede vissuta è l’abbandono fiducioso nelle mani del Padre misericordioso (fides qua). “Solo credendo la fede cresce e si rafforza; non c’è altra possibilità per possedere certezza sulla propria vita se non abbandonarsi, in un crescendo continuo, nelle mani di un amore che si sperimenta sempre più grande perché ha la sua origine in Dio” (Benedetto XVI, Porta fidei, n. 7).
Tale esperienza fonda, sostiene e anima la vita cristiana personale ed ecclesiale, perché “la stessa professione della fede è un atto personale (io credo) ed insieme comunitario (noi crediamo). È la Chiesa, infatti, il primo soggetto della fede” (n. 10).
Tale fede costituisce la risposta più radicale alla crisi epocale in atto, che in ultima analisi è crisi spirituale, perdita di Dio, abbandonando l’uomo nel deserto, senza porte e finestre, senza fiori e frutti. Ecco alcune lucide affermazioni del Papa: “Il nocciolo della crisi della Chiesa in Europa è la crisi della fede” (22 dicembre 2011). E ancora: “La quaestio fidei è la sfida pastorale prioritaria… I discepoli di Cristo sono chiamati a far rinascere in se stessi e negli altri la nostalgia di Dio e la gioia di viverlo e testimoniarlo, a partire dalla domanda sempre molto personale: perché credo?… Occorre rendere fecondo il dialogo tra cristianesimo e cultura moderna, far riscoprire la bellezza e l’attualità della fede come orientamento costante, anche delle scelte più semplici. Ciò conduce all’unità profonda della persona rendendola giusta, operosa, benefica, buona. Si tratta di ravvivare una fede che fondi un nuovo umanesimo capace di generare culture e impegno sociale” (31 dicembre 2011).
Il Papa torna a ripetere con insistenza: “Siamo davanti ad una profonda crisi di fede che costituisce la più grande sfida per la Chiesa di oggi” (27 gennaio 2012).
Con la fede viva di Abramo, di Maria e dei santi possiamo superare le derive dello scetticismo e del relativismo, della sola tecnica e del fai-da-te. La fede ci fa diventare uomini nuovi, capaci di relazioni significative, di cultura carica di senso e di speranza terrena e ultraterrena. La fede infatti “si rende operosa per mezzo della carità” (Gal 5, 5), perché senza le opere dell’amore la fede è morta (Gc 2,15). Per la fede Cristo vive in noi e lo Spirito santo ci trasmette la vita buona di Gesù, come constatiamo nei santi. “Chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi” (Gv 14,12).
Con la fede incerta del ragazzo epilettico anche noi ci rivolgiamo a Gesù chiedendo: “Se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci”. Gesù disse: “Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede”. Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: “Credo, aiuta la mia incredulità!” e Gesù guarì il ragazzo (cf. Lc 9, 22-24).
Gesù spesso rimprovera i suoi di avere poca fede, dando spazio alla paura. Ricordando che la fede è “l’opera di Dio” in noi (cf Gv 6,29) e quindi principalmente dono suo, la chiediamo umilmente ogni giorno, impegnandoci a custodirla e a farla maturare.
O Maria, donna beata perché hai creduto, insegnaci a credere e ad amare come te. In questi giorni in cui potremmo avere l’opportunità – speriamo tutti – di una vacanza, aiutaci a far spazio al silenzio, alla preghiera, alla Parola, alla fede che porta alla vita nuova i cui frutti sono le opere di amore e di misericordia!