“La politica è un impegno di umanità e di santità”

Questa affermazione di Giorgio La Pira, il sindaco “santo” di Firenze, appare oggi di una attualità sconcertante. Infatti la politica, svuotata della sua ragione più profonda, sembra rispondere ad interessi particolari e addirittura privati. La separazione fra vita pubblica e privata non dovrebbe mai essere netta, dato che l’uomo, quando fa politica, ha nella sua vocazione al bene comune il punto di connessione fra sé e la comunità. Dividere il proprio “quotidiano” dall’impegno politico è fuorviante: se la politica è chiamata alla promozione di un bene che riguarda tutti, essa non può che coinvolgere tutta la vita dell’uomo, senza separazione di ambiti. Anche il solo desiderio di questa pienezza dovrebbe portare ad una testimonianza decisiva e coerente. Mi sono sempre rimasti impressi nella mente e nel cuore alcuni passaggi del professor La Pira sul tema della vocazione sociale e dell’impegno della politica, nella ricerca del bene comune. Li riprendo dal suo libro Il sentiero di Isaia: “Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa ‘brutta’! No: l’impegno politico, cioè l’impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti, a cominciare dall’economico, è un impegno di umanità e di santità. È un impegno che deve poter convogliare verso di sé gli sforzi di una vita intessuta di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità. La missione che il cristianesimo è oggi chiamato a svolgere è proprio questa: la riconquista del corpo sociale: bisogna ricondurlo a Cristo questo corpo sociale, che da Cristo si è gradualmente staccato. In che modo? Facendolo migliorare nelle sue strutture, facendone, per quanto è possibile, uno specchio temporale di quella fraternità soprannaturale e di quella paternità divina, che sono il limite ideale e come la stella orientatrice della società degli uomini…”. A questo punto La Pira si domandava: “Quale deve essere il fine del corpo sociale? Esso non può mai essere in contrasto col fine ultimo dell’uomo, ma lo deve favorire”. Era di qui che scaturiva anche la sua visione profetica della pace e dell’unità di tutta la famiglia umana. L’ho sentito più volte ripetere: “Ci vogliono atti che aprano le porte alla fiducia e alla speranza, e così la pace sarà l’arcobaleno che annuncia per sempre, per il mondo intero, l’inizio di una nuova era storica”. Forse è un sogno, ma l’incontro di preghiera ad Assisi del 27 ottobre prossimo non potrebbe essere preludio di tutto questo?

AUTORE: Gualtiero Bassetti