In molti si sono trovati a difendere Papa Francesco dalle critiche che gli sono state rivolte, da alcuni, in modo sconsiderato. Ma, pur toccando un tema difficile e delicato, mi sembra giusto distinguere il ruolo del predicatore o profeta, uomo di Dio, difensore disinteressato dei poveri, dal ruolo del politico che deve fare i conti con il bilancio, le risorse, le leggi e le condizioni concrete di una società. Ma ciò non significa che l’uno, il profeta, dica una cosa astratta, ideale o sentimentale, e l’altro debba fare i conti con la concretezza del reale. Anche la profezia parla del reale.
I naufraghi che il politico cerca di tenere sepolti in mare, perché non affiorino alla coscienza e turbino il quieto vivere della sua maggioranza, sono reali e la sofferenza è reale. Il profeta questo lo deve dire, anche con le parole forti necessarie per scuotere le coscienze. Il politico non può darsi una scrollata di spalle e pensare che questa realtà non è di sua competenza. Per definizione, egli deve organizzare la vita della collettività. Di fronte alle difficoltà potrà dire “mi dispiace, non ho trovato la soluzione” o “non c’è la risorsa economica”. O fare come Dossetti, che si ritirò a fare vita da monaco, diventando così da politico a profeta. Ma questo non può sminuire la portata della denuncia e dell’appello. Se non ci fossero state denunce e appelli alla coscienza, avremmo potuto essere e rimanere sottomessi ai più orrendi sistemi di arbitrio e violenza, sopruso e corruzione. Anche oggi vi sono tentativi soft di far tacere profeti e saggi, e dare spazio alle manie di grandezza e di arbitrio di correnti eticamente anarchiche ed edonistiche.
Il politico autentico invece è proprio colui che si sottopone in coscienza alla parola profetica e mette a suo servizio la sua professionalità e le risorse disponibili. Profeta è anche colui che nella ricerca del bene comune indica la gerarchia delle scelte da fare, dove la persona umana e la sua dignità sono poste al primo posto. Nella dottrina sociale della Chiesa cattolica, la persona è considerata un fine e non un mezzo: questo principio è ripreso oggi anche dai filosofi e politologi, se non dalla cultura dominante. Ma ricordiamo che in alcuni sistemi politico-religiosi anche di oggi non è così. In un recente convegno sulla Lumen fidei all’Università, un docente ha detto che, secondo una recente indagine, i 350 uomini più ricchi del mondo detengono il 40% del reddito della popolazione mondiale. Il profeta questo lo deve dire. Il politico a sua volta dovrà studiare e realizzare quelle disposizioni legislative e amministrative più consone perché i capitali circolino nella rete sociale al fine di sviluppare il benessere dell’intera collettività. Non mancano certamente i rischi di un profetismo astratto o lamentoso che si crogiola nella denuncia astiosa o ingiusta, così come il rischio di politici assetati di potere, chiusi in un realismo – conservatore o rivoluzionario – finalizzato al potere, legato alla “poltrona” per motivi di prestigio e di guadagno, insensibile a ogni tipo di disagio sociale.
Papa Francesco, con semplicità, aiuta a guardare le cose nella loro concretezza, e suscita sentimenti e volontà perché si compia ogni sforzo per raggiungere un buon livello di vita umana.
POLITICI E PROFETI
Sono rimasto colpito positivamente da quanto scritto da Elio Bromuri. Divisione tra profeta e politico, certamente sì, ma questo non perché non possano convivere insieme, ma soltanto per il motivo che oggi sono rimasti o emergono solo i profeti, in quanto i politici veri sono scomparsi, ognuno esprime giornalmente il proprio pensiero, molte volte inutile e gratuito senza le dovute considerazioni degli attuali momenti sociali che stiamo vivendo.
Il Vescovo di Roma Papa Francesco esprime e coniuga il politico e il profeta senza eccedere nell’uno e nell’altro termine, questo per il motivo della Sua costante preghiera e quindi del Suo affidarsi, ma questo per i “politici” risulta incomprensibile.
aristide maffei