Siamo entrati già da due domeniche nel Tempo ordinario. Nella prossima, la terza, la liturgia riprende la lettura sistematica del Vangelo di Luca , già iniziata nel tempo di Avvento e di Natale. Ci troviamo, con questo brano, all’inizio della predicazione pubblica di Gesù che, ricevuto da Giovanni il battesimo al Giordano, se ne era andato per quaranta giorni nel deserto. Ora è tornato nella sua regione, la Galilea, e si presenta anche a Nazaret. È nella sinagoga nel giorno di sabato, cioè nel momento celebrativo più importante per la comunità, pari alla nostra messa domenicale. “Gli occhi di tutti erano fissi su di lui”: la sua predicazione nei paesi intorno aveva già suscitato su di lui una grande attesa.
A lui viene infatti dato il rotolo della Scrittura da leggere e commentare.
Notiamo come Gesù abbia tutta una serie di gesti misurati nell’aprire il rotolo e nello scegliere il passo, come poi nel richiuderlo, consegnarlo e sedersi. La suspense deve essere stata al massimo e Gesù non la delude, perché ciò che dice è dirompente: colui di cui parla Isaia, pieno di Spirito e consacrato dal Signore, è proprio lui! La sua missione è chiara: guarigione, liberazione, annuncio di gioia. Un manifesto programmatico del suo ministero pubblico. Non un’impresa umana, non un impegno politico, ma un’opera di Dio. Rivolta a chi? A chi è povero, oppresso, prigioniero, cieco.
Non è venuto per chi si sente a posto, per chi è appagato dalla vita, per chi vivacchia e non cerca un’esistenza piena, ma per chi sa riconoscere le proprie povertà ed è alla ricerca di una vita libera. C’è una parola di Gesù che brilla più delle altre: “Oggi”. Questo Vangelo che si è compiuto duemila anni fa, si compie anche oggi . Questa parola è anche per noi. Lo capiamo dai primi quattro versetti, incollati dalla liturgia all’episodio odierno e provenienti dall’inizio del Vangelo di Luca . Ci dicono che l’intento di Luca è mostrare il Gesù più storicamente attendibile, ma non solo: il suo intento è anche “in-segnare”, cioè “segnare dentro” la vita di Teofilo. E in questo personaggio, il cui nome significa “amante di Dio”, possiamo riconoscere chiunque di noi, chiunque si senta interpellato dalle proprie miserie e dalle proprie fatiche a ricercare Gesù come colui che può colmare le povertà e rendere la nostra vita un “lieto annuncio”.
Il testo ci parla della “Scrittura che voi avete ascoltato”. Una traduzione letterale dal greco suonerebbe così: “Oggi si è compiuta questa Scrittura nei vostri orecchi”.
È dentro di noi che siamo chiamati a rendere vivo l’ascolto di Gesù. Non è qualcosa da lasciar aleggiare nell’aria, da ascoltare distrat- tamente, bensì da vivere nelle nostre orecchie, nella nostra carne. La seconda lettura ci indica piste di concretizzazione di questo ascolto. San Paolo ci invita ad essere un solo corpo con Cristo. Il “lieto annuncio”, allora, prende la forma di questa possibilità che abbiamo di costruire un’intimità tale con Gesù da essere una parte del suo corpo. Un linguaggio non soltanto metaforico, dal momento che Lui stesso si rende carne e sangue da mangiare nell’eucaristia e, nutrendoci spiritualmente, si mescola concretamente con la nostra realtà corporea. Paolo, inoltre, sottolinea con insistenza il seguente aspetto: essere un solo corpo con Cristo significa anche entrare in profonda unione con chi ci è fratello.
Varie parti di un corpo hanno funzioni diverse, ma c’è un unico sangue che scorre dentro, vivifica e unisce. Questo ci interpella a riconsiderare il nostro approccio all’umanità che ci sta intorno: nessuno può essere inutile, nessuno è da scacciare o espellere dalla nostra vita. Anzi di più: la lettura ci dice che “se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui”. È definitivamente bandita l’indifferenza, in favore di un’empatia che ci permetta di avere a cuore i sentimenti di chi ci sta accanto, fino a farla diventare una necessità “fisiologica”, senza la quale anche il mio rapporto con Dio perde di significato. In questo senso vanno i molteplici inviti di Papa Francesco all’ascolto dell’altro, all’attenzione all’altro, a farsi prossimo a chi è nel bisogno con misericordia e tenerezza, con gesti semplici e quotidiani, di vicinanza e prossimità.
Proprio questo Giubileo che da poco abbiamo iniziato a vivere, “anno di grazia del Signore” – come dice Gesù nel Vangelo – può tracciare per tutti noi un cammino di misericordia verso la costruzione di un Corpo di Cristo che includa tutti.
La Parola si compie. Oggi
Commento alla liturgia della Domenica “FIRMATO” Famiglia III Domenica del tempo ordinario Anno C
AUTORE:
Paolo Tomassoni
Alessandra Giovannini