I luoghi pieni di pace e laboriosità, personalmente conosciuti e amati da molti di noi, che in quelle campagne che degradano dai paesi della collina di San Valentino e di Cerqueto verso la pianura marscianese hanno respirato a pieni polmoni la serenità del vivere all’aria aperta, sono stati violati e dissacrati da un delitto infame. Una giovane donna che portava in grembo una bambina di otto mesi ammazzata di botte. Del delitto è accusato il marito. Possibile? Possibile. In una casa che ha tutte le caratteristiche che la rendono invidiabile, con il giardino in ordine, incasellata nella natura verde, solitaria e ben collegata. Una famiglia già ricca di due figli e la terza in arrivo, pochi giorni ancora. Cosa può essere successo, quale tempesta d’ira può essersi scatenata e perché? Il consiglio che è stato dato da don Gualtiero Sigismondi, di tacere, perché anche Dio tace, e di passare dall’interrogativo della conoscenza all’esclamativo dell’invocazione, non ci esime dal pensare che dobbiamo piegare la testa ed accogliere la nostra umiliazione. Umiliati nella nostra umanità e nella nostra comunità. Comunità cristiana. Siamo obbligati a mettere da parte l’arroganza e la pretesa di esecrare il male solo quando viene dagli altri. Anche in questa occasione, si è corsi a puntare il dito. Un gesto facile, spesso anche indovinato, perché gli altri sbagliano in modo abbondante ed atroce. Ma noi non possiamo considerarci persone al di là del bene e del male, cui tutto è permesso, come se Dio non ci fosse (etsi Deus non daretur, per tornare al discorso dell’ultimo numero de La Voce). Quella logica, assimilata inconsapevolmente anche dai camionisti e diffusa in grandi masse della popolazione, significa affermare se stessi, la propria idea, la propria volontà, le proprie ragioni e desideri al di sopra di tutto. Con questa vicenda si affossa definitivamente ogni pretesa della nostra regione di essere diversa dal resto del mondo. Non siamo più un’isola felice, come ha ricordato in parecchie occasioni il presidente dei vescovi umbri mons. Chiaretti, ma non ne siamo rassegnati e soffriamo più che mai proprio perché la nostra terra è e rimane segnata dalla presenza antica e nuova di testimonianze di santità. Ne abbiamo avuto un segnale a Città di Castello in questi giorni, con la beatificazione del vescovo Liviero, ma potremmo elencare tanti nomi, e non solo quelli di Benedetto e Francesco, uomini e donne modelli di perfezione umana e cristiana. A questa prospettiva di vita dobbiamo dare credito e spazio nella lotta contro una mentalità che è funzionale, sia pure in buona fede, ad ogni forma di trasgressione, fino a condurla, quando è eccessiva, a una mostruosità o una forma di pazzia. Anche nell’educazione, dove circolano sempre meno concetti quali volontà, responsabilità, morale, sobrietà, autocontrollo, onestà, senso del limite, sacrificio, inconsapevolmente si aprono le porte alla prevaricazione degli istinti forti. Delitti sono sempre avvenuti, ma questa non è una buona ragione per non avere paura del gesto irreparabile e non cercare in tutti i modi di prevenirlo. Purché, come stanno facendo Radicali e Rosa nel pugno, non si arrivi a strumentalizzare la povera Barbara Cicioni proponendo come rimedio a questi fatti il divorzio breve, quando Barbara si era incaponita a conservare il vincolo matrimoniale, come dicono, nonostante tutto, per il bene dei figli.
La nostra serenità violata
AUTORE:
Elio Bromuri