La mucca

Poche le telefonate che ho ricevuto sotto Natale. Per l’imperizia informatica di cui godo fama (eccessiva), il mio cellulare è quasi sempre in condizione di non poter ricevere le chiamate, perché lo chiudo quasi sempre sulla schermata sbagliata. E così a chi mi telefona risponde una tubazione. Sapete, quel suono gutturale emesso dai piccioni; i nostri maestri del tempo che fu ci dissero che il piccione tuba, così come l’elefante barrisce e la cicala frinisce.
Ebbene, una delle poche telefonate che riuscirono a superare il muro delle tubazione mi comunicava che mi era stata regalata una mucca. “Come?! Una… una mucca!? Cosa? Da chi?”.
L’amico chiuse il telefono e io rimasi in attesa di un pacco contenente un… soprammobile con le sembianze dell’animale che, insieme con l’asino, era stato l’unico superstite dalla strage della mitologia natalizia perpetrata nel corso della lectio divina de Il Gibbo, giovedì prima di Natale.
Sapete, la nostra lectio divina settimanale, onde evitare di andare per campi, mette in mano ad ogni partecipante un foglio contenente la proposta di omelia per la domenica dopo; è la proposta che formula il dehoniano p. Fernando Armellini (Ascoltarti è una festa, Edizioni Messaggero Padova). Un libro che ci ha fatto tutti innamorare della Bibbia. Tutti. Compreso lo scrivente, che, per la sua veneranda età, credeva di essere vaccinato contro ogni forma di innamoramento. Lo credeva anche Beethoven, quando a casa sua passò la contessina Guicciardi: bruttarella, ma al sordo vecchio irsuto sembrò bellissima, e gli ispirò la Sonata in do diesis minore, “Al chiar di luna”.
Macinavo dubbi. Forse non era una mucca, ma un bue. Forse il mittente non condivideva quello che, sulla scia dell’Armellini, avevo detto nell’omelia della Notte santa, per togliere le incrostazioni dalla sostanza del Grande Messaggio. Che cioè Gesù non può essere nato con la neve, e che i pastori erano emeriti delinquenti, e che Maria e Giuseppe non avevano subito nessun rifiuto, perché non cercavano un posto qualsiasi dove alloggiare, ma un posto che garantisse riservatezza al parto.
Forse. Poi notai una busta formato A5 che da qualche giorno era lì, tra la posta inevasa. L’aprii. Dentro c’era una mucca. Non un bue, una mucca. In fotografia, naturalmente, con sul groppone una cartello con la scritta “Grazie don Angelo” e un numero, il 95. E una lettera: quella 95a mucca era un regalo che il dr. Guido Monacelli, nutrizionista, e la sua signora Maddalena, pediatra, avevano fatto in forma di comodato gratuito, a nome mio, ad un certo signor Oche Orsango, etiope quarantunenne e padre di cinque figli. Ritratto in piedi dietro la mucca. Sulla sua faccia brilla la certezza che ce la farà a sfamare i 5 pargoli con il latte, il burro, il formaggio prodotti dalla sagace bestia. Grazie Guido, grazie Maddalena. Quando si dice la fantasia al potere!! P.S. Se qualcuno dei miei lettori è tentato di fare qualcosa del genere, si lasci pure vincere dalla tentazione e scriva a Saluslife onlus, via Savelli della Porta 46, 06024 Gubbio (Pg).

AUTORE: Angelo M. Fanucci