Non si può mettere una toppa nuova su un vestito vecchio. È questa la valutazione fatta nel leggere il disegno di legge della Giunta regionale che istituisce il Fondo regionale per la non autosufficienza e stabilisce le modalità d’accesso alle prestazioni. Una proposta, ora all’esame del Consiglio regionale, tardiva se, stante gli accordi stipulati con le parti sociali, il Fondo e il relativo Piano regionale integrato per la non autosufficienza dovevano entrare in vigore dal 1’gennaio 2008. Già dalla relazione illustrativa si capisce il perché. Gli eventi (l’invecchiamento della popolazione umbra: circa il 24% rispetto il 18% nazionale) corrono più velocemente della capacità d’intervento della Regione. Si fa riferimento, infatti, ad una legislazione regionale inadeguata risalente ad oltre dieci anni fa : la legge n. 3 del ’97 sulla Programmazione della rete di protezione sociale regionale e il riordino delle funzioni socio-assistenziali, il Piano sociale fermo al 2002, il Piano sanitario scaduto nel 2005. Tutta roba in gran parte superata, se si pensa che nel 2000 è entrata in vigore la legge nazionale n. 328 che ha rivoluzionato tutto il sistema delle prestazioni e degli interventi socio-assistenziali. Che in Umbria, in materia di non autosufficienza, si navighi a vista è confermato dalla stessa relazione illustrativa del Fondo, ove è affermato che è ‘più difficile quantificare i dati della disabilità infantile e adulta’. Vale a dire: non si sa ancora con esattezza quante persone disabili ci siano in Umbria. Solo una stima: circa 8.000. Premesso questo, si può dire che il disegno di legge in quanto tale è complessivamente buono. Ma quando entrerà in vigore, subordinato com’è ad altre decisioni che dovranno essere adottate dalla Regione? La Giunta regionale, infatti, con propri atti d’indirizzo, dovrà stabilire i criteri di composizione e il funzionamento delle Unità di valutazione della non autosufficienza, da istituire presso i Distretti sanitari, i diversi livelli di gravità della non autosufficienza (necessari per la stesura del Piano di assistenza personalizzato), nonché le prestazioni (con relativi criteri di accesso e di erogazione) fruibili a domicilio o nelle strutture semiresidenziali e residenziali, stabilire i criteri di compartecipazione (totale, parziale, esenzione) alla spesa da parte delle famiglie. Addirittura è rinviata ad un nuovo atto della Giunta e al successivo esame del Consiglio regionale la definizione del Piano triennale, indispensabile per rendere operativo il Fondo, ove saranno stabiliti i criteri e gli strumenti del modello organizzativo, le tipologie dei servizi offerti, le azioni di sistema da adottare. Il disegno istitutivo del Fondo, inoltre, riconosce il ruolo importante delle organizzazioni sindacali e dei soggetti sociali operanti in ambito socio-sanitario ed afferma la volontà di adottare la concertazione come metodo di confronto e di partecipazione. Rischia, però, di rimanere lettera morta, specialmente a livello territoriale. L’attivazione reale e permanente del ‘Tavolo alto della concertazione’ è determinante per rendere veramente fruibili i servizi. Tale livello di partecipazione era già previsto dalla legge 328 del 2000. Mai realizzato. Sarà diverso per il futuro? Ho i miei dubbi, vista la decisione di rendere più complessa la Programmazione territoriale, ora articolata su due livelli: quella di Distretto sanitario e di Ambito sociale territoriale e quello di Ati (Ambito territoriale integrato) istituito con legge regionale del luglio 2007 e ancora non operativo. Come l’esperienza insegna, sarà un problema tenere insieme più soggetti competenti: l’Assemblea dei sindaci, l’Assemblea degli assessori ai Servizi sociali, le Asl, il Tavolo alto di concertazione con i soggetti sociali, l’assemblea di Ati. Dunque, anche se per il Fondo sono stati stanziati nel 2008 circa 32 milioni di euro, ben difficilmente questi soldi saranno spesi. Nel frattempo le famiglie devono far fronte, sostanzialmente da sole, ai loro problemi, l’assistenza domiciliare rimane scarsa, le Asl inventano ogni possibile marchingegno burocratico per ritardare l’ingresso nelle Residenze protette per gli anziani o nei Centri di riabilitazione dei disabili gravi. I gestori di tali strutture, negli incontri che si stanno tenendo in questi giorni con la Regione, stanno denunciando questa situazione e le crescenti difficoltà gestionali in cui versano, con le tariffe ferme da dieci anni e la mancanza di riferimenti istituzionali certi.
La lunga attesa di invalidi e anziani
La Giunta regionale vara la legge che istituisce il Fondo regionale per la non autosufficienza ma si prevedono lunghi tempi per la sua attuazione.
AUTORE:
Pasquale Caracciolo