Coloro che vogliono modificare la legge con il referendum (tra questi Ada Girolamini e i socialisti umbri) parlano di ‘legge proibizionista e penalizzante nei confronti della ricerca e di tante persone che soffrono’. A sostegno del loro ragionamento portano il caso dei gemelli italiani concepiti in provetta in Turchia (i genitori non avevano problemi di sterilità) per salvare il fratellino malato di talassemia. Dunque secondo i sostenitori del Sì la legge sarebbe un ostacolo per la cura di malattie oggi incurabili. Ne parliamo con Francesca Barone, medico legale, esperta in bioetica, responsabile del Consultorio familiare della diocesi di Perugia. Dottoressa Barone, c’è del vero in quanto dicono i referendari? ‘La legge italiana non è proibizionista e penalizzante nei confronti della ricerca e l’esempio turco non è appropriato perché si riferisce a ben altro, alla formazione e selezione di embrioni compatibili con il bambino già esistente, al fine di averne uno dal quale prelevare le cellule staminali, ma dal cordone ombelicale così come si fa anche in Italia. Il caso turco è eticamente immorale perché sono stati creati più embrioni, selezionati, eliminati quelli ‘non compatibili’ e poi usato e sviluppato quello compatibile. Non è vero che la legge ostacola la ricerca perché attualmente siamo ancora molto lontani da un possibile uso delle cellule staminali embrionali sull’uomo. Infatti la manipolazione delle cellule staminali embrionali al fine di trapianto presenta problemi tecnici ancora irrisolvibili che non ne permettono l’utilizzo clinico e nemmeno una preliminare sperimentazione. Attualmente si fanno esperimenti olo sugli animali poiché lo stesso meccanismo di elevata moltiplicazione cellulare conduce alla formazione di grossi tumori maligni (teratocarcinomi) e ancora non si è in grado di estrarre le cellule staminali dall’embrione per capire la loro formazione e quindi manipolarle in modo da renderle innocue’. Nel suo comunicato a sostegno di quattro sì Ada Girolamini afferma che si è fatta una legge basata su ‘un’etica di parte’ che impone una ‘visione integralista dello Stato’ e ‘mette in discussione la laicità dello Stato. Secondo lei si può davvero parlare di ‘etica di parte’? ‘La legge non è stata compilata secondo visioni etiche di parte, ma secondo le più accreditate risultanze scientifiche relative alle attuali conoscenze di biologia dello sviluppo embrionale, dello sviluppo uterino, delle implicanze ormonali dopo stimolazione ovarica, di psicopatologia dello sviluppo umano, dei legami inerenti ai legami sistemici familiari. Le conclusioni presenti nella normativa sulla fecondazione assistita (che è composta non solo dalla legge 40, ma dai successivi due decreti relativi alle ‘linee guida’ e al trattamento dei cosiddetti embrioni abbandonati congelati da riunire, previo censimento, presso l’Ospedale Maggiore di Milano) sono state redatte secondo le indicazioni presenti nelle dichiarazioni universali dei diritti dell’uomo, dei diritti del fanciullo, dell’Unesco sul genoma umano, della Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina’. Girolamini afferma anche che la legge consente allo Stato di intromettersi nella ‘sfera privata degli individui’ laddove stabilisce il numero di embrioni da impiantare, vieta la fecondazione eterologa, stabilisce ‘indirizzi in materia di sterilità’ che si scontrerebbero ‘con i frutti di una libera e consapevole scelta da parte di coppie desiderose di un bambino’. In tutto questo, ed anche nel divieto di sperimentazione sulle cellule staminali, vi sarebbe una ‘prevaricazione del legislatore su una materia nella quale dovrebbero venire privilegiate le scelte individuali’. Cosa ne pensa? ‘Non si è trattato di una volontà interventista nella sfera privata dei cittadini, ma di una normale prassi in tema di trattamenti sanitari in Italia da sempre in uso, secondo il Testo Unico delle leggi Sanitarie, e la normativa complessa relativa alle strutture ospedaliere pubbliche e private, secondo quanto indicato dall’art. 32 della Costituzione nel quale si afferma che la salute è un diritto del cittadino e interesse della collettività da salvaguardare attraverso modalità regolative ben precise’.
“La legge 40 non è proibizionista”
Le tesi del sì al vaglio della dottoressa Barone esperta in medicina e bioetica
AUTORE:
Maria Rita Valli