Salvaguardare il sistema sanitario pubblico con un risparmio che oscilla tra i 70 e gli 80 milioni di euro: potrebbe sembrare un “obiettivo”… invece è quello che prevede, a breve, la riforma della sanità umbra varata dalla Giunta regionale, con la riduzione da 4 a 2 delle Asl e la presenza di due aziende ospedaliere. Ma restano ancora alcuni ostacoli: le resistenze dei territori ai tagli e qualche “mal di pancia” (è di moda chiamare così i contrasti interni), targato soprattutto Pd. La presidente della Regione, Catiuscia Marini, ha spiegato che “questa riforma ha come obiettivo principale il mantenimento del servizio sanitario e la sua sostenibilità finanziaria, a fronte delle minori risorse che, al netto della spending review sulla quale sta lavorando il Governo, ammontano per la nostra regione ad oltre 120 milioni di euro. Sono misure di riordino, razionalizzazione e contenimento dei servizi e della spesa sanitaria molto significative, che devono produrre effetti già a partire dall’anno in corso, per consolidarsi nel 2013”. Per la Marini il pacchetto delle misure approvato “accelera una serie di misure di risparmio e mette l’Umbria in una condizione di maggiore tranquillità per ciò che riguarda la sostenibilità finanziaria del nostro sistema sanitario regionale; ma non ne risolve ovviamente il problema, così come sta emergendo sulla base della spending review del governo Monti, verso la quale resta tutta la contrarietà delle Regioni italiane, perché con quei tagli davvero il Sistema sanitario pubblico verrebbe messo a serio rischio di sopravvivenza”.
Ma che prevede la riforma? Ufficialmente il disegno di legge regionale vuole realizzare “una revisione dell’assetto istituzionale e organizzativo del servizio sanitario della Regione Umbria, sia per renderlo maggiormente aderente alle attuali esigenze dei diversi soggetti che concorrono al suo funzionamento, sia per adeguarlo alla revisione normativa che si è susseguita negli anni e che in parte è stata recepita nei Piani sanitari regionali”. Tradotto in termini più comprensibili, emerge un concetto base: si taglia e si accentra, pur mantenendo un sistema sanitario “universalistico”, per garantire i livelli essenziali di assistenza a tutta la popolazione residente. In particolare, ci saranno un’unica centrale operativa 118 su scala regionale (nell’Azienda ospedaliera di Perugia), e una riorganizzazione dell’intero sistema dell’urgenza e dell’emergenza. Ciò a partire da una vera e propria cabina di regia dell’intero sistema, rappresentata dalla Centrale operativa che sarà anche la garante di protocolli operativi riguardanti tre patologie: infarto del miocardio, ictus cerebrale e politrauma grave. Per le alte specialità chirurgiche (neurochirurgia, chirurgia toracica, cardiochirurgia), il numero di Unità operative attualmente esistenti dovrà essere riconfigurato non più su ambito aziendale o provinciale ma su scala regionale. Il riordino del “sistema alta specialità” deve essere sostenuto e garantito dalla costituzione di Dipartimenti unici interaziendali tra i presìdi ospedalieri di Perugia e Terni. Stesso sistema per le Unità operative di medicina generale verso Unità operative per le cure intermedie. Tale riordino prevede la definizione puntuale delle strutture di medicina d’urgenza con relativa dotazione di posti letto integrate nel sistema emergenza/urgenza e il riequilibrio tra le strutture specialistiche, le strutture di day service e le strutture ambulatoriali, con relativa dotazione dei posti letto e la definizione dei livelli di intensità di cura. Per i Punti nascita si va – dopo aver compiuto un’analisi sui numeri delle undici strutture a livello regionale – verso un “ridisegno”, con il taglio annunciato per quelli di Assisi e Narni.