La voluminosa esortazione apostolica Evangelii gaudium di Papa Francesco “sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale” ha “un significato programmatico e dalle conseguenze importanti” (n. 25). L’alto valore magisteriale è dato anche dal fatto che il Papa interpreta e riassume le proposizioni del Sinodo celebrato dal 7 al 28 ottobre 2012 sul tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” (cf nn. 14-18). Contiene chiaramente quello che più sta a cuore a Papa Francesco: dare impulso alla riforma della Chiesa partendo dal Vangelo, dall’Evangelii gaudium. Questa espressione, nella quale la seconda parola rafforza volutamente la prima (Vangelo infatti significa buona notizia), è il filo conduttore dell’intera esortazione. Dopo l’Anno della fede si passa a esplicitarne la prima manifestazione: la gioia del credere, fondato nel Vangelo, non può che essere caratterizzato dall’esultanza per il dono ricevuto e testimoniato. Non c’è cristiano senza la gioia del credere, che suscita stupore, gratitudine, fervore missionario tali da farlo uscire dall’egoismo, dall’apatia, dalla tristezza, dall’individualismo, dalla disperazione. Lo si vede subito. Del resto la parola ripetuta per ben nove volte nel “discorso programmatico di Gesù” è: beati! Si tratta di una gioia piena e perfetta, profonda e stabile, che niente e nessun altro può donare né togliere. “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11) e “nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 16,23).
La beatitudine evangelica – perfetta letizia, secondo san Francesco – è donata a tutti e la si sperimenta paradossalmente in modo perfetto nelle situazioni di povertà, sofferenza, misericordia, persecuzione. Gesù conclude il suo discorso con due imperativi: rallegratevi ed esultate (Mt 5,12). Voglio citare in proposito la testimonianza di Madre Speranza, che sarà proclama beata il prossimo 31 maggio. Nell’esperienza profonda con il Signore, ha colto e sviluppato soprattutto una fede viva nel suo Amore misericordioso. Ne è rimasta così affascinata e convinta da impegnare tutta l’esistenza in una gioiosa speranza, mai venuta meno, e in un’ardente carità senza limiti. L’Amore misericordioso da una parte ci riempie di una gioia indicibile e invincibile perché non dipende dai nostri meriti (è gratuito, senza misura, infinitamente più grande di tutte le nostre miserie). Dall’altra parte ci cambia e ci converte perché spinge a uscire (il verbo ritorna spesso nell’esortazione del Papa) dal proprio egoismo, permettendo alla luce dell’Amore di entrare e di farci vivere evangelicamente. “Io sono – dice Papa Francesco di sé – un peccatore che Dio guarda con amore e misericordia, e questo mi riempie di gioia e mi porta a donare la mia vita al Signore, alla Chiesa, a tutti”. Nei gesti del Padre misericordioso che “vede il figlio quand’era ancora lontano, si commuove nelle sue viscere, gli corre incontro, gli si getta al collo, lo bacia e gli fa una grandissima festa” (Lc 15,20 ss), l’uomo trova la gioia più inattesa e più indicibile: scopre Dio come Padre, se stesso come figlio del suo Amore e l’altro come fratello. Scopre il paradiso, esattamente quello che Gesù morente assicurò al ladrone: “Oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43). “Io vi dico: vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per 99 giusti i quali non hanno bisogno di conversione” (Lc 15,7). È impressionante che tutto il Cielo faccia festa per il figlio perduto e ritrovato mentre il figlio che appariva obbediente e buono non capisca né la gioia di essere figlio, né quella di essere fratello. L’opera di Madre Speranza e il santuario di Collevalenza, per volere del Signore, offrono principalmente questo messaggio che si collega direttamente all’Evangelii gaudium. Diceva: “Se gli uomini scoprissero Dio come Padre misericordioso, si convertirebbero tutti”. E ciò ha due gioiose conseguenze. Primo, la lode e la gratitudine “perché il suo Amore è per sempre” (Sal 136: il grande hallel ripete questo ritornello ben 26 volte). Secondo, “vai e anche tu fa’ lo stesso” (Lc 10,37). “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8).