La felicità

Il più diffuso e prestigioso quotidiano nazionale, il Corriere della sera, lunedì 5 luglio, ha dedicato una pagina al tema della felicità. L’autore Danilo Taino, ha riportato citazioni di filosofi, economisti e sociologi, secondo cui le società più ricche non sono le più felici. La tesi sostenuta è che l’aumento del benessere materiale non porta con sé felicità. Tutti a loro modo la cercano e ne hanno diritto secondo la famosa affermazione della Costituzione Usa, promulgata dal presidente Thomas Jefferson nel 1776, che pone tra i diritti di ogni essere umano ‘la vita, la libertà e la ricerca della felicità’. Ma questa, per paradosso, si trova, secondo il giornalista in categorie di persone povere, come le nostre badanti filippine, che dichiara ‘eroine’. Il titolo dell’articolo suona: ‘Ma è possibile essere felici? Il tormento dell’Occidente (ricco)’. E nel catenaccio aggiunge ‘Il benessere non basta. Una risposta forse, l’hanno trovata le colf filippine’. Queste, si dice, lavorano bene, sono gentili, amano i nostri figli di cui sono baby sitter, i nostri vecchi di cui si fanno badanti, le nostre famiglie di cui sono colf. Lavorano con gioia ed entusiasmo e poi, quando la domenica si ritrovano tra loro, fanno canti e feste e sprigionano gioia e felicità. Sono contente soprattutto perché possono inviare denaro a mariti e figli lontani. Hanno trovato un senso alla loro vita e al loro lavoro: rendere felici le persone che amano. Volete capire dove si trova la felicità, scrive l’autore? Andate a chiederlo a loro. Questo articolo ha colpito molti, tra cui una nostra cara e apprezzata lettrice di Terni, Amabilia Diotallevi, da cui proprio ora, mentre scrivo queste poche righe, mi giunge una lettera nella quale, oltre l’apprezzamento per le cose scritte sul Corriere, ha pure notato una mancanza di analisi, che secondo lei è la chiave più profonda per spiegare la vita di quelle donne immigrate: l’autore non dice che quelle filippine sono credenti, sono cristiane cattoliche. Secondo lei, questo dato è decisivo, più di ogni altro fattore. Scrive la Diotallevi: ‘Quelle piccole umili donne filippine testimoniano la felicità della fede cristiana quando è concretamente vissuta. Forse Danilo Taino non le ha riconosciute come cristiane perché ogni giorno vive in mezzo a tanti cristiani che non somigliano a loro’. Si domanda anche se questo non sia il motivo per cui dopo duemila anni di cristianesimo non sia riconosciuta l’identità cristiana dell’Europa. Una lezione sulla quale riflettere. In questo periodo estivo in cui abbondano feste di ogni tipo e livello, dai festival prestigiosi come quello di Spoleto, Umbria Jazz, spettacoli e concerti in ogni città, fino alle più modeste sagre paesane, ricche di umanità, oltre alle vacanze ricercate in ogni modo e con grande spiegamento di risorse, molti cercano riposo, svago e sollievo, un po’ di felicità. Quella che, forse, non trovano nel vissuto quotidiano. Dalle immigrate filippine forse può venire qualche motivo di ripensamento. Vivere freneticamente, immaginando di raggiungere la felicità, magari comprandola a caro prezzo, è una illusione che i sociologi denunciano, perché, scrive Taino, ‘La corsa si è insabbiata, non c’è gioia perché insistiamo sulla strada del miglioramento materiale: quel treno, però, più avanti di così non ci porta’. L’essere felici ha a che fare con i sentimenti: sentirsi utili a qualcuno che si ama e da cui si è amati. Una sfera intima che sfugge sia al mercato che al frastuono. Un invito a rientrare in se stessi.

AUTORE: Elio Bromuri