La fede istruisce l’intelletto

Religione a scuola. L'insegnamento religioso in Europa. Un simposio promosso dai vescovi dei vari Paesi del continente

In Europa l’insegnamento della religione (Ir) nella scuola pubblica deve confrontarsi con ‘tre nodi cruciali: l’attuale clima culturale, sfavorevole alla religione ma che, al tempo stesso, fa intravedere un nuovo interesse per il fatto religioso’; la ricerca di una sua definizione come disciplina scientifica; il suo ruolo e le sue modalità di attuazione all’interno di una società pluralista e multireligiosa. A riportarlo è mons. Aldo Giordano, segretario generale del Ccee – Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, a Roma per il Simposio sull’insegnamento della religione nelle scuole del continente. L’incontro si è svolto la scorsa settimana a conclusione di una ricerca avviata dal Ccee nel 2005, promossa dal Servizio Irc (insegnamento religione cattolica) della Conferenza episcopale italiana. Dai 29 – sui 35 richiesti – rapporti nazionali pervenuti, sintetizza il coordinatore della ricerca, Alberto Campoleoni, ‘emergono le molte e differenti caratteristiche che l’insegnamento religioso assume nelle scuole d’Europa e, soprattutto, le tante sensibilità presenti’. I delegati delle Chiese d’Europa hanno stilato un ‘documento finale che raccoglie i temi generali, le preoccupazioni condivise dalle stesse Chiese e le prospettive emerse dall’indagine: una sintesi finale da ‘restituire’, insieme ai rapporti e agli studi degli esperti che hanno partecipato alla ricerca, alla Commissione scuola del Ccee, e alle Conferenze episcopali’. Questo materiale ‘costituisce il primo passo per ulteriori analisi e approfondimenti per un’azione comune delle Chiese in tema di Ir’. Varia da Stato a Stato. Dall’indagine ‘emerge un panorama variegato – commenta Aldo Giordano – a motivo della pluralità delle esperienze religiose nel continente (Paesi a maggioranza cattolica, protestante, ortodossa, musulmana o con due confessioni paritarie, o che si dichiarano non appartenenti ad alcuna religione), e delle diverse situazioni normative dell’Ir, regolato da Concordati, Intese, Convenzioni con la Santa Sede o le Conferenze episcopali, oppure dalla Costituzione o da norme statali sull’istruzione. A secondo dei Paesi, l’Ir può essere obbligatorio, opzionale, facoltativo’. A titolo esemplificativo, e in un modo necessariamente schematico che non tiene conto delle diverse sfumature, in Austria, Cipro e Germania l’Ir è obbligatorio, pur con possibilità di dispensa; in Belgio, Lettonia, Lituania e Polonia si configura come scelta opzionale obbligatoria tra diverse materie; in Italia, Irlanda e Ungheria è facoltativo. Un insegnamento che, commenta mons. Giordano, ‘viene ritenuto importante e trova spazio nella maggior parte delle scuole pubbliche, ancorché in Europa si stia facendo strada una cultura sfavorevole e sospettosa nei confronti della religione, considerata come un fatto privato, che non dovrebbe avere diritto di cittadinanza nella didattica. Eppure il suo insegnamento è indispensabile per capire l’identità, l’agire, la cultura di un popolo. La religione, inoltre, risponde alle domande cruciali sulla visione dell’uomo, il senso della vita, la convivenza tra i popoli, ed è oggetto di studio e di interesse da parte di molti’. Un sistema… maggioritario. Per mons. Giordano, l’Ir ha la stessa ‘scientificità’ delle altre discipline scolastiche. ‘Non si tratta – dice – di un itinerario di fede o di una catechesi. È piuttosto una scienza che studia l’evento religioso’ e, in quanto tale, ‘richiede insegnanti competenti ma, al tempo stesso, inseriti personalmente in un’esperienza di fede’. È pertanto giusto ‘che sia la Chiesa a concedere loro l’idoneità e la missio canonica’. Questi i Paesi Ue che riconoscono un ruolo statale ai docenti Ir: Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Italia, Svezia. ‘Il confronto con la società pluralista e multireligiosa – osserva ancora mons. Giordano – pone infine l’interrogativo se sia preferibile un insegnamento confessionale secondo la confessione maggioritaria di ogni Paese, oppure un insegnamento che si differenzi secondo le diverse confessioni (all’interno dello stesso Paese ogni confessione offre il proprio) o, ancora, un insegnamento di tipo etico, neutro, che può andare bene per tutti. Noi siamo convinti – conclude il segretario Ccee – che la via migliore sia quella dell’insegnamento confessionale secondo la confessione maggioritaria di ogni singolo Paese, che è quella che ha inciso in modo più significativo sulla formazione della cultura e dell’identità del Paese stesso’.