La religione emigrata. Immigrazione e appartenenza religiosa” era il tema del convegno svoltosi a Perugia l’1-2 dicembre scorsi nell’ambito del progetto “Identità e pluralità nel dialogo interreligioso”. Alla luce della sempre crescente e più articolata presenza di confessioni religiose sul territorio umbro, il progetto è volto a promuovere l’integrazione della popolazione immigrata favorendo le interrelazioni culturali e la valorizzazione delle appartenenze religiose. L’incontro, organizzato da Aliseicoop (cooperativa sociale che opera a livello nazionale per garantire diritti e pari opportunità alle fasce più deboli della popolazione con particolare attenzione a quella immigrata) e dal dipartimento Uomo e territorio dell’Università di Perugia, aveva la finalità di suscitare riflessioni proprio sul tema dell’appartenenza religiosa in rapporto al fenomeno dell’immigrazione.
La migrazione indebolisce o rafforza la pratica religiosa? Quale ruolo questa può giocare nel processo di integrazione? L’inserimento degli immigrati in un nuovo contesto è sempre problematico? Nel nuovo ambiente è possibile praticare il proprio credo religioso? Questi alcuni dei quesiti ai quali si è cercato di rispondere durante il dibattito. “Pregiudizi, timori e conflittualità tra le religioni – ha detto la responsabile di Aliseicoop Carla Barbarella, presiedendo la prima giornata del convegno – scaturiscono da una scarsa conoscenza reciproca. Molto spesso infatti sembra che le varie fedi si guardino attraverso muri di vetro: per arrivare all’integrazione tra i popoli bisogna abbattere queste mura di isolamento che dividono gli uni dagli altri”.
Al convegno hanno preso parte esperti, docenti, rappresentati di comunità religiose, responsabili di organismi ed enti da anni impegnati al servizio degli immigrati, tutti con l’obiettivo comune di trovare una via di dialogo al fine di un’integrazione sempre maggiore fra etnie che professano credo differenti.
Tra i vari relatori hanno preso la parola Paolo Naso (docente di Scienza politica dell’Università La Sapienza di Roma), Gheorghe Verzea (consigliere diocesano della Chiesa ortodossa romena a Padova), Ermanno Genre (pastore della comunità valdese di Perugia), Ionut Radu (responsabile della Chiesa ortodossa romena di Perugia), Ouejdane Mejiri (presidente dell’associazione Pontes dei tunisini in Italia), don Gino Battaglia (direttore Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso). Don Elio Bromuri, direttore del centro ecumenico san Martino di Perugia, ha concluso la serie degli interventi ricordando a brevi linee la storia del dialogo ecumenico e interreligioso svolto da molti decenni a Perugia, e in Umbria, e che ha preso corpo anche nella rivista Una città per il dialogo.
Carla Casciari, vice presidente della Regione Umbria e delegata delle Politiche migratorie, ha concluso il dibattito dicendo che “una delle sfide del nostro tempo è quella di creare una società inclusiva, cioè all’interno della quale nessuno si senta escluso. Il dialogo tra le religioni è la via per una convivenza pacifica, tenendo sempre presente che ogni individuo ha una sua dignità che va rispettata, a prescindere da quale religione appartenga”.